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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliDal 10 ottobre al primo febbraio 2026 Palazzo Nicolosio Lomellino di Genova ospita la mostra «Ottocento al tramonto. Plinio Nomellini a Genova tra modernità e simbolismo», centrata su Plinio Nomellini (1866-1946), pittore che ancorché toscano si legò di un intenso rapporto con Genova dal 1890 al 1902. Curata da Agnese Marengo e Maurizio Romanengo, la mostra segna l’avvio della rassegna «Ottocento Svelato. Storie di musei e collezioni nella Genova del XIX secolo», a cura di Leo Lecci per il Comune di Genova e presenta circa 50 opere fra dipinti, sculture, acquerelli, disegni e stampe dell’artista e di suoi contemporanei quali Telemaco Signorini, Pellizza da Volpedo, Federico Maragliano e Edoardo de Albertis (molti i lavori da collezioni private e perciò inediti o poco noti), offrendo un orizzonte completo del percorso di Nomellini fra sperimentazione pittorica e riflessione sociale.
Sede della mostra è, nella celebre via Garibaldi, il palazzo numero 14 dei 42 Palazzi dei Rolli, designati dalla Repubblica di Genova a ospitare per il governo della Superba gli ospiti di più alto rango durante le visite di stato. Dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2006, i Palazzi dei Rolli restano i testimoni di quel fasto e di quella potenza economica che Fernand Braudel, chiamando i settant’anni dal 1557 al 1627 l’«Età dei Genovesi», caratterizzò «di regola così discreta e sofisticata che gli storici per lungo tempo non l’hanno notata» (Civiltà materiale, economia e capitalismo. Secoli XV-XVIII, Torino, Einaudi, 1981-1982) nonostante le loro brillanti facciate manieriste e barocche lungo Strada Nova (oggi via Garibaldi) o via Balbi evochino immediatamente una ricchezza più che cospicua e racchiusa nelle mani della stretta cerchia patrizia di mercanti-banchieri.
Il palazzo fu costruito fra 1559 e 1565 da Giovanni Battista Castello «il Bergamasco» (1526-69) e Bernardino Cantone (1505-75/80) per Nicolosio Lomellino che, esponente di una famiglia in piena ascesa economica e politica che avrebbe dato a Genova sette Dogi, nella prima metà del ’500 accumulò ingenti capitali con l’esclusiva pesca del corallo nell’isola tunisina di Tabarca. Nel 1609 il palazzo fu acquistato da Luigi Centurione, che ne effettuò una ristrutturazione interna, e passò poi ai Pallavicini, ai Raggi e, a fine Ottocento, ad Andrea Podestà, più volte sindaco di Genova fra 1866 e 1895. Nel 1622 Luigi Centurione affidò a Bernardo Strozzi (1581-1644) i celebri affreschi dell’«Allegoria della Fede» (o «La Fede Cristiana sbarca nel Nuovo Mondo») nel salone centrale al Primo Piano Nobile e dell’«Astrologia» e della «Navigazione» in quelli accanto che, realizzati nel 1623-24, per la lite sul compenso vennero però nel 1625 occultati con uno spesso strato di intonaco e un controsoffitto poi decorato a treillages. La studiosa americana Mary Newcome Schleier (1936-2023), dopo decenni di studi, li riscoprì rocambolescamente nel 2000: l’allora proprietaria Elena di Rovasenda raccontò come Mary Newcome, esasperata dalle lungaggini della Soprintendenza, si fosse presentata un giorno al palazzo con una fiocina subacquea che, nel terrore degli astanti, risolutamente sparò al (contro)soffitto della sala provocandone il crollo parziale e così la riscoperta di quegli affreschi così smaglianti perché di colori perfettamente conservati dall’oscurità di 375 anni.
L’allestimento della mostra su Plinio Nomellini coinvolge le sale strozziane del Primo Piano Nobile, ripercorrendo le tappe della svolta divisionista e simbolista dell’artista (che, dopo la formazione macchiaiola con Fattori, si alternò fra un Divisionismo di matrice sociale a un altro a carattere paesaggistico) inserite nel contesto degli intensi cambiamenti urbani, politici e culturali della Genova di fine Ottocento in un percorso espositivo che si snoda fra le testimonianze dell’impegno artistico e politico di Nomellini e quei capolavori emblematici della potenza genovese.