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Maria Letizia Paiato
Leggi i suoi articoliAnni folli, anni ruggenti, qualunque sia l’aggettivo scelto per descriverli da Parigi a New York, gli anni Venti, con la loro coinvolgente atmosfera, eleggono la capitale europea a centro e cuore pulsante dell’arte d’avanguardia. Fra desiderio di libertà e innovazione, ultimi impeti reazionari, Dada, Surrealismo, passaggio dall’Art Nouveau al Déco, e poi ancora le sperimentazioni in letteratura, musica e arti visive fanno di Parigi il fertile terreno dove le espressioni di giovani artisti, intellettuali e letterati germogliano in un contesto apertamente internazionale e tra essi la singolare avventura di un gruppo di pittori italiani.
«Les artistes italiens de Paris», Massimo Campigli, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Alberto Savinio, Gino Severini, Mario Tozzi e Renato Paresce, sono una composita compagnia che irrompe sulla scena artistica parigina fra il 1928 e il 1933; e sebbene molti di loro fossero già presenti all’inizio del secolo (Severini nel 1906, Savinio nel 1910, de Chirico nel 1911, Paresce nel 1912, quando sposa la pianista ebrea russa Ella Klatchko, poi di nuovo nel 1927), è solo nel 1928 che i ritrovati valori della mediterraneità si offrono come elementi di unione per questi artisti dalle espressività spiccatamente eterogenee.
Fra questi Paresce, una figura eclettica, gli studi da fisico, poi l’attività di giornalista, la pittura autodidatta, la critica d’arte, una personalità poliedrica che è anche il riflesso delle origini familiari, svizzero di nascita, padre siciliano, madre russa, cresciuto a Firenze, un mix che ritorna con grande slancio vitale nelle immagini delle sue creazioni. Se si guardano con attenzione i suoi dipinti, non sfuggono le numerose influenze stilistiche, frutto delle conoscenze e frequentazioni parigine. Sono evidenti i contatti con Pablo Picasso, Sergej Djagilev, Max Jacob, Diego Rivera, Amedeo Modigliani e altri. Vicinanze percepibili nelle 30 opere di questa mostra itinerante, già presentata nei mesi invernali al Centro Studi Osvaldo Licini di Monte Vidon Corrado per la connessione, sebbene ideale, tra Licini e Paresce.
Il percorso «Renato Paresce e Les italiens de Paris», a cura di Stefano De Rosa, allestito nelle sale di Palazzo Bisaccioni sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi offre una nuova possibilità di osservazione sull’opera dell’artista, una meritata ulteriore possibilità di essere apprezzato da un pubblico più vasto. Le opere esposte provengono da un’importante collezione marchigiana e comprendono appunto un nucleo su Renato Paresce che ne ricostruisce le tappe artistiche dal 1913 al 1931, affiancato ad altri lavori realizzati dagli artisti del gruppo.
La versione marchigiana di «Les artistes italiens de Paris» ha lo stesso titolo di quella allestita nel 1928 al Salon de l’Escalier di Parigi, organizzata da un attivissimo Mario Tozzi, una mostra che riuniva tutti gli italiani presenti sulla scena parigina d’inizio secolo e che dava anche un nome a tale compagine. La mostra, e con essa la formazione del gruppo del quale faceva parte anche Licini che con Paresce (René la sua firma in pittura) non si era mai incontrato, evoca il momento di acquisizione di consapevolezza da parte degli stessi artisti della loro presenza in città e ripercorre al contempo le tappe di questa collettiva parabola artistica, offrendo allo spettatore un interessante excursus su come determinati linguaggi erano profondamente radicati nell’immaginario collettivo e non solo negli ambienti artistici.
Una ricostruzione puntuale grazie anche agli studi di Stefano De Rosa, curatore della mostra, che a Paresce già in passato aveva dedicato attenzione. Tra le opere esposte di Renato Paresce Il barcone del 1913, dove è chiara l’adesione al Postimpressionismo, Cézanne ritratto nel 1915, due paesaggi del 1917 dove si manifesta l’influenza fauve, ancora di più in Portrait Fauve del 1918. La mostra prosegue poi con un nutrito gruppo di dipinti rappresentativi in particolare degli anni Venti, relativi a una fase in cui Peresce dimostra la maturazione di una sintesi e di uno stile del tutto personali.
Nel 1928 oltre a esporre a Parigi cura, su incarico di Maraini per la Biennale di Venezia, la mostra della Scuola di Parigi, dello stesso anno la gouache esposta che segna l’avvio di una nuova produzione, più magica e atmosferica. L’ultima mostra del gruppo è nel 1933, alla Galérie Charpentier di Parigi. Fra le opere in mostra anche Ritratto di signora di de Chirico del 1921, Ritratto di Marina Severini di Gino Severini della fine degli anni Trenta e Capriccio metafisico di De Pisis del 1918-20.