«O.V. Grigio-02» (1959) di Gianni Colombo, Collezione Intesa Sanpaolo

Crediti: Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo. Foto: Paolo Vandrasch, Milano

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«O.V. Grigio-02» (1959) di Gianni Colombo, Collezione Intesa Sanpaolo

Crediti: Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo. Foto: Paolo Vandrasch, Milano

A Jesi l’astratto e l’informale di Intesa Sanpaolo

La Fondazione Cassa di Risparmio della città marchigiana ospita a Palazzo Bisaccioni una quarantina di opere realizzate tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni Sessanta

Approda nella città marchigiana, dopo essere stata in parte allestita la scorsa primavera presso la Fondazione Ivan Bruschi di Arezzo, la mostra «La libera maniera - Arte astratta e informale nelle collezioni Intesa Sanpaolo», a cura di Marco Bazzini con il coordinamento di Mauro Tarantino, direttore della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, l’ente che accoglie la mostra, dal 7 dicembre al 4 maggio 2025 nelle sale di Palazzo Bisaccioni, collocato nel cuore storico della città.

La Fondazione jesina da tempo ha avviato una collaborazione con Intesa Sanpaolo che si concretizza ora in questa mostra che, rispetto al precedente appuntamento aretino, presenta un maggior numero di pezzi, oltre una quarantina. Il percorso è incentrato sulla presentazione di opere realizzate tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni Sessanta in Italia, nell’arco di poco più di un decennio ricco di fermenti culturali e proiettato, dopo la guerra, verso la ricostruzione di una coscienza artistica che, dopo le restrizioni del fascismo, potesse allinearsi e contaminarsi, attraverso una «libera maniera», con le tendenze internazionali più avanzate. La mostra si presenta quindi come un’originale narrazione ragionata, attraverso la scelta mirata di opere della Collezione di Intesa Sanpaolo, dei maggiori fenomeni artistici affermatisi in Italia nel Dopoguerra in un contesto internazionale dove «la nuova scena, almeno in arte, si addensa intorno al rifiuto di ogni forma figurativa e nella negazione del quadro (o della scultura) come spazio di rappresentazione: dagli Stati Uniti all’Europa, fino al Giappone, a tramontare è l’attenzione verso la raffigurazione perché l’opera deve aprirsi alla vitale azione dell’artista», scrive Marco Bazzini in catalogo, ricordando anche il vivace contesto intellettuale italiano in cui si sprigiona questo risveglio artistico, basti pensare al cinema e alla letteratura di quegli anni, al giornalismo, alla vivacità di riviste e gruppi culturali. 

La mostra si apre con l’Astrattismo di Alberto Magnelli («Avec préméditation», 1947) e del marchigiano Corrado Cagli («Senza titolo», 1950); prosegue con Alberto Burri («Rosso nero», 1953) e Lucio Fontana, rientrato dall’Argentina, dove con il Manifesto Bianco del 1946 aveva già lasciato e lanciato un segno ai più giovani allievi presenti in mostra, quali Edmondo Bacci, Gino Morandis, Tancredi Parmeggiani, Cesare Peverelli e Gianni Dova.  Contemporaneamente si afferma in Italia un gruppo di artisti la cui poetica ruota intorno la matrice del segno come Carla Accardi, Achille Perilli e Antonio Sanfilippo. Anche le artiste prendono parte a questa nuova dimensione con una sensibilità fortemente autonoma: oltre alla citata Carla Accardi sono esposte opere di Carol Rama, Renata Boero, Regina, Paola Levi Montalcini e una giovanissima Grazia Varisco

In mostra anche opere di Emilio Vedova, Toti Scialoja, Gastone Novelli, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Piero Dorazio, Giulio Turcato e Arnaldo Pomodoro. La mostra è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi in sinergia con Gallerie d’Italia e Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo. 

«Composizione 71» (1955) di Carol Rama, Collezione Intesa Sanpaolo. Crediti: Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo. Foto: Paolo Vandrasch, Milano

Marta Paraventi, 06 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

A Jesi l’astratto e l’informale di Intesa Sanpaolo | Marta Paraventi

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