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Renata Boero, «Fioritura 1», 1990-2000

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Renata Boero, «Fioritura 1», 1990-2000

A Macerata l’arte di Renata Boero in rapporto con la natura

Una personale dell’artista genovese con i «Teleri» che spaziano dagli anni Settanta ai Duemila è allestita in Palazzo Buonaccorsi

«È la terra che fa nascere le cose. E i colori, nemmeno si potrebbero chiamare colori: sono radici. Radici fatte bollire e poi sfregate con forza sulla tela ripiegata». Renata Boero ha ottantantotto anni e con il piglio vispo di una ragazzina sempre curiosa di ciò che la circonda accompagna in visita il pubblico nelle sale di Palazzo Buonaccorsi a Macerata, fino al 9 novembre sede della personale «Teleri», a cura di Vittoria Coen e Giuliana Pascucci (catalogo Sagep Editori). Nata a Genova nel 1936, torinese d’elezione e oggi milanese d’adozione, Renata Boero fu allieva di Emilio Scanavino e sin da trentenne, già nel 1966, è stata attiva nella ricerca di pigmenti naturali per i suoi lavori di grande formato, i suoi teleri.

Del 1977, la sua ultima personale a Macerata, alla Gallera Cicconi: «Ex radicibus», un titolo capace di racchiudere assieme l’essenza della sua tecnica e della sua poetica. Un rapporto privilegiato e diretto con la natura, che si pone in ascolto e la coglie in un gesto istintivo. Una forte connessione con la materia. Griglie di rettangoli, cromie terrose e la variante del tempo che agisce.

«Se prendete dei papaveri e li pestate, ecco, ne viene fuori un succo che si secca subito. Ebbene, annacquatelo un po’, su una tela bianca di bucato, e dite a un bambino di passare un dito umido su quel liquido: al centro della ditata, verrà fuori un rosso pallido pallido, quasi rosa. Si asciugherà e diventerà opaco, come sopra una mano di calce...»: così un video, nell’ultima sala della mostra, spiega con versi vivi il lavoro preparatorio dei suoi teleri. Mentre lei, a pochi passi da lì, in direzione di quei tessuti commenta: «Il segno della matita è invasivo. La piega invece è dolce e sottile. Da queste pieghe nascono moltitudini di elementi naturali».

Poco più che ventenne già alla Quadriennale di Roma del 1959 e subito pienamente inserita nella scena internazionale dal Belgio al Brasile, per oltre un decennio docente all’Accademia di Belle Arti di Brera e Visiting Professor all’Università di San Diego in California nel 2005, Renata Boero ha all’attivo cinque Biennali di Venezia tra il 1982 e il 2010, mentre l’arco temporale che va dagli anni Settanta al Duemila è quello che viene proposto dalle sei opere in mostra. Dal «Cromogramma Giallo» con le sue quattro fasce di rettangoli irregolari: «Qui ho usato una sola radice», chiarisce l’artista, sottolineando nelle ultime pieghe anche l’importanza di «vuoto e assenza». Per finire nella sala in cui, con sguardo acceso e in modo inaspettato, si gira e chiede allo sconosciuto vicino: «Quale preferisce tra i due?». In fondo alla sala, l’imponente «Cromogramma», quasi 5 metri per 5, con una tela che poggia a pavimento e una scacchiera di colori intensi; al muro laterale, invece, il più tenue «Fioritura 1». L’astante coglie il suo gusto scegliendo il primo, mentre lei del secondo dice: «Qui secondo me si vede che sono diventata più vecchia. Forse, però, ha la forza della leggerezza».

Ricci bianchi e un atletico corpo minuto, Renata Boero resta una donna proiettata al futuro. Così riflette pubblicamente prima del taglio del nastro: «Ascoltando come il mio lavoro viene letto, ho imparato molte cose: da oggi, lo guarderò con altri occhi. Da questa mostra sta nascendo altro. Un nuovo modo di descrivere la natura in un dialogo, che è nato con me e che terminerà proprio quando mi ricongiungerò alla terra (in questo senso, non la vedo come una morte triste). D’ora in poi, lavorerò di più sui silenzi e sull’assenza, ma per dare ancora più importanza alla presenza. E poi, osserverò di più l’umanità. In questo momento, ad esempio, vorrei realizzare un gran “Cromogramma” di voi che siete qui davanti a me ad ascoltarmi». Sorridente e ben disposta con tutti, la avvicino e le chiedo: «Invece come si augura che venga percepito il suo lavoro dal pubblico?». Risponde: «Spero che ora, camminando in montagna, non strapperanno via i fiori».

Renata Boero e un particolare di «Cromogramma Giallo», 1970-75

Sanzia Milesi, 05 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

A Macerata l’arte di Renata Boero in rapporto con la natura | Sanzia Milesi

A Macerata l’arte di Renata Boero in rapporto con la natura | Sanzia Milesi