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Rientrato da tre anni ormai in quella Gam-Galleria d’Arte Moderna di Milano che fino al 2010 era stata la sua «casa» ideale, «Il Quarto Stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo, 1868-1907) ha offerto l’occasione per una mostra monografica che, a oltre un secolo da quella (l’unica) tenuta alla Galleria Pesaro di Milano nel 1921, rileggesse la vicenda di questo maestro della pittura dell’ultimo Ottocento, prendendo spunto proprio dalla presenza di quel capolavoro su cui l’artista si consumò, senza ricevere però i riconoscimenti che avrebbe meritato.
Non poteva essere che la Gam la sede per questa attesa monografica ed è qui che dal 26 settembre al 25 gennaio 2026 è presentata la mostra «Pellizza da Volpedo. I Capolavori», curata da due studiose come Aurora Scotti e Paola Zatti (lei, anche conservatore responsabile dalla Gam) e prodotta dal Comune di Milano Gam con Mets Percorsi d’Arte (catalogo Dario Cimorelli).
Nelle cinque sale delle mostre temporanee sfilano una quarantina di dipinti, tutti capolavori, e una sola opera su carta, quel capolavoro del 1903 «Fiore reciso» esposto accanto al gemello «Il morticino», di poco posteriore, arrivato dal Museo d’Orsay di Parigi, mentre al primo piano, sede della collezione permanente, a chiudere il percorso è proprio «Il Quarto Stato», accostato a tre bellissimi cartoni preparatori che dimostrano tutta la straordinaria capacità disegnativa di Pellizza. Non solo: nelle sale contigue, ci s’imbatte nelle magnifiche opere di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Vittore Grubicy, Emilio Longoni e di altri suoi compagni nell’avventura audacemente innovativa del Divisionismo, non meno che nella diffusione dei principi del Simbolismo da un lato (allora la corrente di pensiero più d’avanguardia in Europa) e del socialismo dall’altro, di cui il «Quarto Stato» resta una delle icone internazionalmente più note e più citate: senza però che si siano mai usurate né la potenza dell’immagine né la forza del messaggio sociale e politico di cui è portatrice.
Si parte dagli esordi, a Volpedo, per giungere all’epilogo terribile (sempre a Volpedo, nel 1907) del suicidio, a 39 anni soltanto, dopo la morte della moglie e le delusioni sul fronte artistico, vissute proprio con «Il Quarto Stato», l’opera che lo aveva tenuto impegnato, nella sua faticosa formulazione, per dieci anni, e che solo dopo la sua morte sarebbe stata acquistata con una pubblica sottoscrizione dal Comune di Milano, per volere del sindaco socialista di allora, Emilio Caldara.
Come spiega Paola Zatti a «Il Giornale dell’Arte», «“Il Quarto Stato” è accompagnato dai bellissimi disegni preparatori perché, oltre alla straordinaria teatralità di un’opera così potente, desideravamo si cogliesse l’immenso sforzo tecnico compiuto da Pellizza, capace di permeare la composizione di simboli più o meno evidenti (le possenti mani dei lavoratori, per esempio, anche in assenza di attrezzi, ci parlano di fatica). Ma noi tenevamo soprattutto a mostrare i veri capolavori che Pellizza seppe creare oltre a quest’opera arcinota: volevamo approfondire la figura di uno degli autori più importanti della nostra collezione qui a Milano, città con cui ebbe scambi importanti. E volevamo raccontarne l’esperienza divisionista fino ai suoi ultimi paesaggi, come “Nubi di sera sul Curone” (1905-06) o “Membra stanche” (1906). Con un’attenzione speciale alla sensibilità simbolista: in mostra ci sono capolavori come “Lo specchio della vita” (1895-98), gli “Idilli”, composti in polittici secondo il modello nord-europeo, “Il ponte” e “Il Sole”, entrambi del 1904. Era importante per noi mettere in luce come Pellizza abbia attraversato con grandissima sensibilità l’esperienza simbolista perché, sebbene nato e vissuto a Volpedo, era un artista colto, si informava, leggeva, condividendo con i suoi compagni il tormento degli artisti vissuti tra i due secoli, in un faticoso dissidio interiore tra l’attenzione al reale e l’attrazione per il simbolo».

Giuseppe Pellizza da Volpedo, «Il ponte», 1904, Tortona, Pinacoteca Divisionismo. Photo: Carlo Baroni, Rovereto

Giuseppe Pellizza da Volpedo, «Il ritorno dei naufraghi al paese (L’annegato)», 1894, collezione privata. Courtesy Gallerie Maspes, Milano