Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

A Milano i paesaggi precari di Philippe Pastor

Robilant + Voena porta per la prima volta in città l’opera dell’artista che, come Edvard Munch, espone le tele allo schiaffo degli elementi atmosferici

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Nel suo lavoro d’artista Philippe Pastor (Monaco, 1961; ha rappresentato il Principato alla Biennale di Venezia nel 2007 e nel 2009 e all’Expo di Milano 2015) ha saputo coniugare le sue due passioni: la pittura e la scultura, ovviamente, e la causa ambientale, di cui è da lungo tempo un acceso sostenitore, tanto da essersi messo al suo servizio anche con le Nazioni Unite e da aver voluto fondare, nel 2007, l’associazione Art & Environment che promuove mostre ed eventi per diffondere sempre più, con il linguaggio dell’arte, l’allarme indifferibile sul cambiamento climatico.

In «North Pole and other Precarious Landscapes», la sua terza personale da Robilant + Voena (ma la prima a Milano, dopo St. Moritz e New York, lo scorso anno), Philippe Pastor presenta, oltre a una selezione di sue opere dei dieci ultimi anni, come «Bleu Monochrome» e «Rose Bonbon», numerose tele inedite, molte delle quali di dimensioni monumentali, che coinvolgono l’osservatore portandolo illusoriamente «dentro» lo scioglimento dei ghiacci polari. Due quindi, necessariamente, le sedi in cui la mostra (che è curata da Caroline Corbetta) sarà visibile, dal 2 dicembre al 16 gennaio 2026: in via della Spiga 1 saranno esposti i dipinti di medio e grande formato, mentre quelli grandissimi troveranno posto in una sede diversa, in via Gargano 15, nel quadrante della città in cui si trova la Fondazione Prada.

L’effetto davvero immersivo, senza bisogno di artifici tecnologici, che queste opere emanano è frutto anche della ricerca sui materiali compiuta dall’artista, che mischia ai pigmenti naturali da lui raccolti in Marocco la granulosità di terre e altri composti materici, con cui evoca il fenomeno drammatico della fusione dei ghiacci: cascate di acque miste a ghiaccio e detriti, neri crepacci che si spalancano in superfici un tempo compatte, crepe che si ramificano suggerendo l’ormai prossimo, inevitabile, collasso della coltre ghiacciata, tutto contribuisce a generare una sensazione di catastrofe incombente, in una drammatica collisione tra l’attrazione estetica ed emozionale generata da quelle opere e l’angoscia prodotta dal loro messaggio. 

Il processo creativo stesso di Philippe Pastor s’intride di natura: come già amava fare Edvard Munch, anche lui espone le sue tele allo schiaffo degli elementi atmosferici, cui affida il compito non solo di portarle a compimento con azioni non controllabili da lui ma anche, e soprattutto, di rammentarci che la natura porta in sé forze potentissime, ai cui effetti terrificanti il genere umano non potrà sopravvivere se non porrà fine alle violenze cui da troppo tempo sottopone la Terra. 

Philippe Pastor, «North Pole and other Precarious Landscapes (25 014 NP)», 2025

Philippe Pastor, «Bleu Monochrome (23 072 NP)», 2023

Ada Masoero, 25 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

A Milano i paesaggi precari di Philippe Pastor | Ada Masoero

A Milano i paesaggi precari di Philippe Pastor | Ada Masoero