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Chiara Massimello
Leggi i suoi articoliFino a domenica 23 marzo è aperta la quattordicesima edizione di MIA Photo Fair Bnp Parisbas, la fiera milanese della fotografia con più di 100 espositori, di cui 77 gallerie e oltre 30 progetti tra editoria e istituzioni.
Con un nuovo sponsor (che ne ha modificato il nome), nello spazio di Superstudio Più, in via Tortona 27, sotto la direzione artistica di Francesca Malgara, quest’edizione di MIA tenta un salto grazie alla presenza di un maggior numero di gallerie internazionali, di cui la fiera aveva molto bisogno per crescere, e alla partecipazione, per la prima volta, di alcune realtà italiane come Vistamare, Martina Simeti, Prometeo e Ncontemporary. «Dialoghi» (tra presente e passato, tra culture e mondi diversi) è il tema di quest’anno.
Il pubblico, numerosissimo sin dalla serata di apertura, si aggira curioso per i corridoi e compra volentieri, complici anche i prezzi contenuti della fotografia. Rispetto alle edizioni passate, si percepisce il lavoro del team sulla selezione e la qualità delle gallerie; tuttavia, l’allestimento e la curatela di alcuni stand restano ancora un punto debole: il percorso è complicato e c’è troppo divario di qualità tra un corridoio e l’altro.
Tra le gallerie, non passa inosservata Vistamare guidata da Benedetta Spalletti e Lodovica Busiri Vici, con sedi a Milano e Pescara, che presenta un dialogo intimo tra Luisa Lambri e Armin Linke: un confronto elegante tra architettura e luce, spazio e silenzio. Michael Hoppen Gallery di Londra, nuova importante presenza per la fiera, ha costruito il suo spazio per temi: molto interessante la parete dedicata alla fotografia giapponese, genere a cui la galleria da tempo si dedica, con una particolare attenzione alle immagini del dopoguerra e dell’occupazione americana dopo la Seconda guerra mondiale: da vedere in particolare le fotografie di Hiroshi Hamaya e Tetsuya Ichimura. Ncontemporary esplora il tema del confine sotto diverse forme, mettendo in discussione la nozione di spazio, sicurezza e identità: interessante il lavoro di Salvatore Vitale che in «How to Secure a Country» riflette sui sistemi sofisticati di sicurezza e controllo presenti in Svizzera.
Elegante la selezione di Valeria Bella che, oltre ai «classici» della galleria, presenta il lavoro di Marco Barbon. L’artista romano, che ora vive in Francia, esplora il confine tra realtà e immaginario e nella serie «Asmara Dream» mostra la capacità della fotografia di rappresentare l’assenza. Asmara, capitale dell’Eritrea, è una città sospesa tra sogni infranti e speranze, e Barbon sa raccontare molto bene questo sentimento. Alessia Paladini presenta un dialogo tra tre grandi maestri della fotografia italiana (Gianni Berengo Gardin, Piergiorgio Branzi e Mario Giacomelli): filo conduttore la visione onirica e poetica della fotografia. Da Viasaterna, da non perdere la foto di Ramak Fazel che ritrae Achille Castiglioni in una prospettiva inconsueta e magnetica, insieme agli scatti del grande maestro Guido Guidi e all’opera fascinosa ed enigmatica di Alessandro Calabrese, sola nella parete centrale dello stand.
Non si può non citare la fotografia premiata dal Premio BNL BNP Paribas dedicato al miglior artista in fiera. Vincitrice è «Serrafina at table» dell’artista inglese Nick Brandt, presentata dalla Galleria Willas di Stoccolma. Una donna seduta a un tavolo completamente immerso sott’acqua riflette, sola e pensierosa, in un atteggiamento di apparente normalità. L’opera parla dell’urgenza del problema climatico e del conseguente innalzamento del livello del mare. Alla stessa galleria è andato anche il premio per il migliore allestimento promosso dalla Casa Museo Molinario Colombari di Milano. L'associazione culturale non profit MiramART ha invece premiato Arnold Odermatt. artista scomparso nel 2021, fotografo e poliziotto svizzero con una capacità documentaria e ironica sorprendente. Colorato, divertente e ben presentato dalla galleria berlinese Springer, il suo lavoro è anche esposto alla mostra «Chromoterapia». Appena inaugurata a Villa Medici, a Roma, tra i corridoi, è bello trovare anche le fotografie dei ghiacciai di montagna di Vittorio Sella scattate alla fine dell’Ottocento e presentate da De Prini Fine Art; nello stesso stand anche due piccoli raffinati scatti di Shirin Neshat che sta per aprire una grande retrospettiva dal titolo «Body of Evidence» al Pac di Milano.
Tra le nuove proposte, poche le novità interessanti. Molta buona tecnica, luci corrette, stampa patinata impeccabile, ma manca il contenuto e soprattutto il senso del presente, della realtà e di ciò che accade nel mondo. Due piccole segnalazioni: il tavolo/ripiano con l’allestimento di Eleonora Calvelli «Making Love to G is Gonna Be Like the First Time I Tried a Cheeseburger» e lo scatto geometrico e minimale, «Art Gallery» di Edgar D. Mizrahi da Blanchaert che dice molto del sistema dell’arte oggi.
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