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Il tempio a forma di spirale di Montegrande nel Nord del Perù, cultura Marañón (3.500 a.C.-200 d.C.)

© Foto cortesia Asicampe

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Il tempio a forma di spirale di Montegrande nel Nord del Perù, cultura Marañón (3.500 a.C.-200 d.C.)

© Foto cortesia Asicampe

A Montegrande il cacao permetteva di comunicare con gli dèi

Nel sito di cultura Marañón, dove la pianta era considerata sacra e associata alle donne e alla luna, l’archeologo Quirino Olivera ha trovato rarissime sculture che ne raffigurano i frutti

Antonio Aimi

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Come è noto, molte delle cose che mangiamo spesso, dalle patatine fritte al sugo di pomodori, dal mais al cioccolato non erano presenti nel Vecchio Mondo ma vengono dall’America e sono il risultato di un lunghissimo processo di selezione, che ha reso fruibili piante che, in alcuni casi, erano molto diverse. Su questi processi da tempo sono in corso ricerche archeologiche e biologiche che spesso hanno portato a risultati sorprendenti. 

La pianta che recentemente è balzata agli onori della cronaca è il cacao (Theobroma cacao), che gli europei hanno cominciato a conoscere dopo la conquista del Messico, sia perché i suoi semi erano usati dagli Aztechi come un bene di scambio, sia perché erano utilizzati per preparare diverse bevande. 

Non a caso, la parola stessa «cioccolato» deriva dal nahuatl: «chocolatl» o «xocoatl», due termini, che, però, indicavano bevande amarognole, che non avevano nulla a che fare con le cioccolate calde che oggi possiamo bere al bar. Nel caso del cacao, inoltre, recentemente si è scoperto che la pianta è originaria dell’Amazzonia e che da lì si è diffusa nel resto dell’America. In particolare, l’archeologo Quirino Olivera ha scoperto le tracce più antiche del cacao a Montegrande, un sito di cultura Marañón (3.500 a.C.-200 d.C.) nel Nord del Perù, dove la foresta amazzonica incontra i primi rilievi delle Ande e dove Olivera ha una grande esperienza di ricerche sulle civiltà (qui, inoltre, con chi scrive e con Walter Alva, ha progettato il Museo de Sitio di Sipán). Come se non bastasse, gli scavi di Olivera hanno portato alla luce un sito che conferma l’importanza dell’Amazzonia nello sviluppo delle culture dell’antico Perù

Di queste scoperte abbiamo parlato con lo stesso Quirino Olivera in un’intervista in esclusiva.

Come mai ha deciso di fare ricerche a Montegrande, considerato fino a pochi anni fa un sito insignificante lasciando la Costa?
A parte il fatto che ho frequentato le scuole elementari a Bagua, una piccola città dell’Amazzonia peruviana non molto lontana da Montegrande, nel 2010 dopo aver visto nel Museo di Jaén alcuni reperti trovati a Montegrande, ho deciso di scavare nel sito per verificare se erano fondate le ipotesi di Julio César Tello (uno dei padri dell’archeologia peruviana), il quale sosteneva che l’origine delle culture andine si trovava nell’Amazzonia. Per fare questo ho creato la Asicampe (Asociación para la Investigación Científica de la Amazonía de Perú), un’associazione che, come rivela il nome, ha lo scopo di condurre ricerche nell’Amazzonia peruviana.

Il cacao di Montegrande è il più antico di tutta l’America?
I risultati delle ricerche sui resti di cacao presenti nelle pareti interne delle terrecotte trovate nel sito sono stati analizzati e pubblicati su diverse riviste scientifiche. Noi, inoltre, abbiamo fatto 17 datazioni di C14 che hanno confermato che Montegrande ha cominciato a essere occupata 5.500 anni fa. Ma la presenza e l’importanza del cacao in questo sito è confermata dal fatto che sul lato nord dello scavo, a cinque metri di profondità, abbiamo trovato rarissime sculture che raffigurano frutti di cacao, che nelle culture precolombiane dell’Amazzonia era venerato perché permetteva di comunicare con gli dèi.

Oltre a questi reperti che cosa è emerso dalle ricerche?
Abbiamo portato alla luce un grande tempio a forma di spirale che non ha precedenti nelle culture dell’antico Perù. In particolare, abbiamo notato che in questa costruzione sono state utilizzate pietre lisce provenienti dai fiumi e pietre spigolose provenienti dalle montagne. Coerentemente col contesto etnografico e archeologico della zona, ipotizziamo che le prime rappresentino la forza dell’acqua e la parte femminile del cosmo e che le seconde rappresentino la forza delle montagne e la parte maschile del cosmo. Inoltre, la forma del centro della spirale ci fa ipotizzare che lì ci siano due tombe, quella di un uomo e quella di una donna, che doveva avere la posizione più alta nella gerarchia religiosa del sito, perché il cacao era associato alle donne e alla Luna e perché la società di Montegrande, probabilmente, era caratterizzata dal matriarcato.

Progetti per il futuro?
In primo luogo nel corso del 2025 pensiamo di proseguire gli scavi al centro della spirale, sperando di poter trovare le tombe dei personaggi al vertice della gerarchia religiosa di Montegrande. Su un piano più generale, poi, mi sembra molto importante che i capi di Stato presenti alla XXIX Cumbre Iberoamericana del 15 novembre 2024 si siano impegnati a promuovere la «Ruta Iberoamericana del Cacao y del Chocolate», che, ovviamente, passerà anche per Jaén e Montegrande. Sono contento, poi, che le nostre ricerche abbiano stimolato la produzione di un tipo di cioccolato fatto esclusivamente coi frutti delle piante di cacao più antiche dell’Amazzonia e del pianeta.

Scultura in pietra raffigurante un antico frutto di cacao Cultura Marañon, 3.500 a.C.-200 d.C. Courtesy Asicampe

Antonio Aimi, 18 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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