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Antonio Aimi
Leggi i suoi articoliL’archeologo Giuseppe Orefici è morto a 79 anni nella sua casa di Brescia il 27 giugno. La sua scomparsa è una perdita enorme e lascia un vuoto incolmabile per tutti gli studiosi e gli appassionati delle culture dell’America precolombiana, perché Orefici era il più grande esperto al mondo della cultura Nasca (350 a.C.-550 d.C.), una delle più importanti dell’antico Perù. A conferma di questo giudizio segnalo che nessun archeologo ha studiato i siti Nasca per oltre quarant’anni come lui, né ha fatto pubblicazioni su questa cultura come le sue per qualità e quantità.
Confesso che per me è molto difficile scrivere di lui, perché Giuseppe è stato un amico e un collega per tantissimo tempo. Negli anni Ottanta lo incontrai per la prima volta in un convegno di Genova dedicato a Cristoforo Colombo. A noi, in particolare, la figura dell’esploratore genovese non interessava molto e allora eravamo lontani dalle celebrazioni acritiche, così come recentemente siamo stati lontani dalle demonizzazioni. Come molti americanisti, partecipavamo a questi incontri, che ora in Italia sono totalmente scomparsi, perché erano una occasione per incontrare colleghi e parlare dell’antica America. Giuseppe mi fece subito un’ottima impressione, perché notai che non divagava, ma aveva progetti di ricerca ben definiti. Successivamente, ci perdemmo un po’ vista perché io cominciai a lavorare sui reperti americani delle collezioni eclettiche e sul Messico preispanico, mentre Giuseppe con le sue ricerche si era concentrato su Nasca.
I nostri rapporti, però, cominciarono a farsi molto più intensi nel 2006, dopo l’avvio delle attività dell’Unimi in Perù, delle quali ero codirettore. In un primo momento lavorammo al progetto di una mostra sulle culture dell’antico Perù che non andò in porto. Nel 2009, però, ci prendemmo una rivincita perché Andrea Brunello ci invitò a fare i cocuratori della mostra: «Inca: origine e misteri delle civiltà dell’oro», che, dopo essere stata visitata da oltre 190mila persone, nel 2010 riuscimmo a portare a Parigi, dopo averla notevolmente arricchita. In seguito, ci siamo visti abbastanza regolarmente sia per valutare i risultati delle ricerche archeologiche sulle culture dell’antico Perù, sia per presentare i risultati delle sue scoperte. Recentemente, poi, ho avuto la possibilità di esporre il suo lavoro prima in un libro promosso dall’Ambasciata d’Italia e pubblicato dall’Istituto Italiano di cultura di Lima e poi in un articolo inserito nel volume pubblicato dal Fondo Editorial del Congreso del Perú sui 200 anni di amicizia tra Italia e Perù. Negli ultimi mesi, poi, abbiamo lavorato a un progetto, purtroppo, rimasto nella fase iniziale, incentrato sull’arte Nasca come «arte» da presentare in un importante museo degli Stati Uniti.

Cahuachi: il settore della Grande Piramide consolidato negli anni 2002-14. Sulla destra si vede la Piramide Arancione e sullo sfondo la Grande Piramide e il Tempio Sud. Photo: Giuseppe Orefici

Foto aerea di Cahuachi. Nell’area centrale si nota la Grande Piramide. Photo: Eduardo Herrán
Nel corso della sua carriera Giuseppe ha insegnato in diverse università, tra cui la Sorbona e RomaTre, e ha avuto parecchi riconoscimenti da istituzioni peruviane di primo piano.
Inutile dire che, prima e durante le ricerche sui siti Nasca, ha fatto anche altre campagne di scavo, tra le quali si possono citare quelle nella Ceja de Selva dell’alta Madre de Dios, a Tiahuanaco e nell’Isola di Pasqua.
È, però, importante mettere in evidenza che i risultati delle sue ricerche a Nasca sono il risultato del fatto che Giuseppe, a differenza di quello che spesso fanno molti archeologi dei «Paesi ricchi», non era interessato a progetti «mordi e fuggi» e/o a pompare troppo una datazione o una scoperta, ma aveva una progettualità di lungo periodo.
Per questo aveva creato prima il Cisrap (Centro Italiano Studi e Ricerche Archeologiche Precolombiane) e poi il Museo Antonini (grazie all’aiuto della famiglia omonima), che è diventato il più importante della città di Nasca. Il museo, in particolare, non solo conserva i reperti trovati nelle sue campagne di scavo, ma è anche un centro di ricerca, che ha coinvolto e ospitato diversi specialisti. Con la stessa logica, Giuseppe si è fatto carico sia di studiare tutti i siti Nasca, concentrandosi, giustamente, su Cahuachi, la «capitale» di questa cultura, sia della conservazione della stessa Cahuachi.
Qui, in particolare, Giuseppe ha studiato tutte le strutture più importanti, costituite, in genere, da templi, recinti cerimoniali e piramidi scalonate. Tra le più significative si possono segnalare la Grande Piramide (la costruzione più alta di Cahuachi coi suoi 22 metri di altezza), il Tempio Scalonato e la Piramide Arancione, dove ha trovato la Tomba della Sacerdotessa Bambina. Inoltre, dopo aver fatto i lavori di tutela necessari, ha anche lavorato per rendere fruibile ai turisti il sito archeologico.
Un altro aspetto che si deve mettere in evidenza è che Giuseppe era una persona generosa, innamorata del suo lavoro, al punto che, pur essendo stato colpito da un tumore alla base della lingua oltre vent’anni fa, ha continuato a lavorare, nonostante le metastasi apparse successivamente, che nelle ultime settimane lo hanno bloccato a letto e poi l’hanno costretto ad arrendersi.

Nasca, Museo Antonini, vetrina con i recipienti cerimoniali, tra cui l’effige modellata di un’orca marina. Photo: Giuseppe Orefici
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