Una veduta della mostra «Il Sol dell’Avvenir» Fondazione Made in Cloister di Napoli

Foto: Francesco Squeglia

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Una veduta della mostra «Il Sol dell’Avvenir» Fondazione Made in Cloister di Napoli

Foto: Francesco Squeglia

A Napoli la resurrezione è a passo di danza

Nel Chiostro di Santa Caterina al Formiello la Fondazione Made in Cloister presenta una collettiva che riflette sul tema di «rinascita» correlato a quello di «crisi»

«Le catastrofi imminenti, come quelle passate, ci spingono a confrontarci con la singolare idea della rinascita. È solo una debole speranza, una sorta di investimento emotivo? Ritornare a esistere, rigenerarsi e rinascere: tutto promette una tabula rasa, una nuova opportunità di vita, la possibilità di cancellare i fallimenti passati e rimediare ai propri errori». Sono queste le questioni, le speranze e le attese attorno alle quali si sviluppa il progetto espositivo «Il Sol dell’Avvenir» (fino al 31 maggio), prima parte del programma biennale «Rinascita», ideato da nonlineare-iniziativa curatoriale indipendente per la Fondazione Made in Cloister di Napoli

La mostra, che riunisce i lavori di mountaincutters, Alexandra Sukhareva, Clément Cogitore, Danh Vo, Hiwa K, Anastasia Ryabova, Renato Leotta e Reena Spaulings, assieme a quelli commissionati a Olga Tsvetkova e Carmela De Falco, opera una riflessione sul tema di «rinascita» correlato a quello di «crisi». Allestita all’interno del Chiostro di Santa Caterina al Formiello, sede napoletana della Fondazione Made in Cloister, spazio motore di trasformazione culturale, la mostra affronta temi-visioni quali la «resurrezione trasculturale» con il video «Les Indes Galantes» (2017) di Clément Cogitore  (Colmar, 1983), in cui ballerini Krump (danza underground nata a Los Angeles durante i disordini sociali agli inizi degli anni Novanta) si muovono sulle note dell’opera-balletto composta nel 1735 da Jean Philippe Rameau

La «trasformazione» è tematizzata, invece, in «The Bell Project» dall’artista curdo-iracheno Hiwa K (1975), che realizza una campana con i detriti delle armi usate per i conflitti bellici. Il rapporto «transmaterico» è affrontato in «Senza titolo» (2024) di Danh Vo (Vietnam, 1975): un Cristo in bronzo regge con le mani, realizzate sul modello di quelle del padre dell’artista, due ampolle in cui crescono piante. «Il Multiverso» di Renato Leotta (Torino, 1982) propone una riflessione sulla rigenerazione, «documentando» e «rappresentando» i processi naturali delle maree. Con il lavoro «Ore tinte (Stagione fertile)» il duo artistico mountaincutters (Marion Navarro & Quentin Perrichon) rende visibile su una lastra di ottone la memoria dell’aria e le sue capacità di trasmissione e trasformazione. L’artista russa Alexandra Sukhareva (1983) ragiona sulla natura della luce, utilizzando il coloro, e sulle nozioni convenzionali di identità, servendosi di specchi. Mentre Reena Spaulings mette a nudo i meccanismi di rappresentazione del mondo dell’arte e la mercificazione della creatività, Anastasia Ryabova, esibendo dei portabandiera vuoti, si domanda quali siano i nuovi simboli di solidarietà che sostituiranno le utopie collettive di un tempo. Al termine della residenza, Olga Tsvetkova (Russia, 1984) ha realizzato «Space as a doubt. Porta Capuana», una performance di danza che ha tracciato la geografia emotiva del quartiere Porta Capuana di Napoli, una sorta di archivio affettivo realizzato con la comunità. Due, infine, gli interventi di Carmela De Falco (Napoli, 1994), che ha lavorato su risonanze e connessioni con il passato del Chiostro abitato da monaci (performance «riflettendo, riflettendo, la voce») e sulla storia dell’edificio, un tempo adibito a lanificio («Trasmissione»).

Una veduta della mostra «Il Sol dell’Avvenir» Fondazione Made in Cloister di Napoli. Foto: Francesco Squeglia

Olga Scotto di Vettimo, 13 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

A Napoli la resurrezione è a passo di danza | Olga Scotto di Vettimo

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