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A Paris Tribal ora occorrono ulteriori sinergie

Marie Potard

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I mercanti di Paris Tribal tracciano un bilancio della seconda edizione della fiera 

L’anno scorso, per la prima edizione di Paris Tribal, i mercanti che si erano impegnati in esposizioni tematiche erano stati ricompensati.



Quest’anno i partecipanti hanno giocato d’anticipo con notevoli sforzi organizzativi; eppure, da un punto di vista commerciale, non è stato un successo per tutti, per quanto, se non l’avessero fatto, «non avremmo venduto così tanto», ammette Olivier Castellano, che si è separato da almeno sei oggetti, tra cui una statua Mumuye della Nigeria. Per Anthony Meyer, che ha venduto soprattutto oggetti eschimesi, «rispetto agli sforzi effettuati dai mercanti, il pubblico non era al livello dell’anno scorso quando c’era stato un vero affollamento». D’altronde il giorno del vernissage il traffico parigino era bloccato da manifestazioni e scioperi.

Alcune gallerie avevano scelto di proporre prezzi ragionevoli, come la parigina Galerie Bacquart che ospitava un’esposizione di serrature africane Bambara provenienti da una collezione privata con prezzi tra gli 800 e i 4.200 euro. Quasi tutti i 19 pezzi sono stati venduti. Altri mercanti avevano schierato l’artiglieria pesante, come l’Entwistle Gallery (Londra/Parigi), che esponeva un impressionante portacrani Agiba (Isola di Goaribari, Papuasia), in precedenza appartenuto ad Arman, proposto in «una fascia di prezzo alta», come dichiarato da Lance Entwistle.

La galleria parigina Alain Bovis ha venduto una maschera del Nepal, mentre Julien Flak (Parigi), molto compiaciuto per aver rivisto i suoi collezionisti più importanti, ha ceduto il suo pezzo d’eccezione, una maschera da danza Yup’ik Eskimo (Alaska) e un cranio inciso daiacco (Borneo), deformato in segno di bellezza (intorno ai 15mila euro). Per Renaud Vanuxem, che ha venduto una maschera Sepik (già nella collezione Allan Stone) e notato un interesse piuttosto marcato per gli oggetti tra i 2 e i 10mila euro, i tre giorni di Paris Tribal nel complesso sono stati «generalmente soddisfacenti».

Con l’esposizione «Simboli femminili/emblemi reali» Yasmina Chenoufi della galleria Noir d’Ivoire ha riscontrato autentiche «manifestazioni di stima», ma riconosce che «commercialmente è stato difficile». Ha comunque venduto uno scettro reale Akan Baoulé (Costa d’Avorio). In questa seconda edizione di Paris Tribal sono emerse delle lacune e i mercanti sono decisi ad aggiustare il tiro perché, se la partenza è interessante, l’evento richiede probabilmente sinergie con una mostra di una particolare collezione o con un ciclo di conferenze. Probabilmente servirebbe anche spedire un biglietto di invito comune, realizzare un catalogo e soprattutto far tornare «locomotive» come Alain de Monbrison e Bernard Dulon per «conservare lo spirito di confraternita», come ha fatto notare un partecipante. Ma la manifestazione è giovane, bisogna lasciarle il tempo di assestarsi.

Marie Potard, 05 maggio 2015 | © Riproduzione riservata

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