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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliDal 6 maggio il Museo Archeologico Nazionale di Venezia ha ripristinato l’originario ingresso al civico 17 di piazzetta San Marco attraverso una nuova entrata appositamente disegnata e una biglietteria indipendente con annessi bookshop e spazio polifunzionale (su progetto del veneziano Studio Barman Architects). Torna così anche accessibile il Cortile dell’Agrippa progettato da Vincenzo Scamozzi e in cui si staglia la monumentale statua del politico e militare romano Marco Vipsanio Agrippa (63 a.C.-12 d.C.), giunta nel museo negli anni ’30 del Novecento. È il primo passo (l’investimento complessivo è di 250mila euro di fondi ministeriali) di un progetto ben più ampio che porterà negli stralci successivi a un riallestimento delle collezioni e a una riorganizzazione del percorso di visita.
Fino ad oggi l’Archeologico ha condiviso con il Correr entrata e sistema di bigliettazione. Ora, pur mantenendo la possibilità di un duplice accesso, questo primo passaggio segna una svolta identitaria, culturale e organizzativa dell’istituzione, rientrante nel nuovo polo dei Musei Archeologici Nazionali di Venezia e della Laguna, istituito nel 2024, guidato da Marianna Bressan e comprendente anche il Museo di Palazzo Grimani, il Parco Archeologico di Altino e il futuro Museo Archeologico Nazionale della laguna di Venezia destinato a sorgere sull’isola del Lazzaretto Vecchio. Una bussola reversibile, e caratterizzata da un grande arco in dialogo con gli elementi architettonici delle Procuratie Nuove del Sansovino, conduce al cortile interno rinnovato anche grazie al contributo di anonymous art project che fino al 28 settembre vi porta la policroma installazione site specific «Lines by Kengo Kito» (a cura di Masahiko Haito), replicata anche nella Sala V del museo.
Dal cortile, oggetto di un riordino spaziale dei reperti che ora campeggiano su basamenti appositamente creati, si accede alla nuova biglietteria con bookshop e a uno spazio annesso dedicato ai futuri aggiornamenti sulla progettualità del museo e caratterizzato dalla presenza di tre altari cilindrici (I secolo d.C.) decorati con festoni e bucrani. Salendo la scalinata interna, ha inizio il percorso di visita così come lo aveva pensato tra il 1924 e il 1926 Carlo Anti, illustre classicista, professore di Archeologia e in seguito rettore dell’Università di Padova e scandito da una successione cronologica dei reperti dal più antico al più recente partendo dalla statuaria greca del V e IV secolo a.C. «Un nuovo allestimento unitamente a un rinnovamento impiantistico e a un ripensamento della circolazione interna cercherà di restituire anche il collezionismo veneziano, ci anticipa la direttrice Marianna Bressan. Sarà un museo che parla delle collezioni, della loro storia ma soprattutto in rapporto anche alla città». Perché non si deve dimenticare il forte legame tra Venezia e l’antica Roma che caratterizza l’intera raccolta e la lunga tradizione di collezioni private destinate alla Repubblica e iniziate nei primi decenni del ’500 da Domenico (1461-1523) e Giovanni (1506-93) Grimani, nucleo fondante del museo. Rimando spontaneo all’omonimo palazzo rinascimentale a Castello e allo spettacolare statuario della sua Tribuna.

Una veduta della Sala V del Museo Archeologico di Venezia. Photo: Joan Porcel
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