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Il Palais de Lomé, ex palazzo coloniale, costruito tra il 1898 e il 1905 e sede dello Stato del Togo fino al 1970. © Piment Production

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Il Palais de Lomé, ex palazzo coloniale, costruito tra il 1898 e il 1905 e sede dello Stato del Togo fino al 1970. © Piment Production

AFRICA | Il Togo non ha bisogno delle restituzioni

Una nuova prospettiva sulle politiche espositive attuabili in Africa

Ayodeji Rotinwa

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Lomé (Togo). La mostra «Il Togo dei Re», inaugurata a fine novembre nel Palais de Lomé, è molto più di una mostra. Intanto per la sede in cui si svolge, un ex palazzo coloniale del 1905, immerso in un giardino di 11 ettari, appena restaurato, trasformato nel primo importante centro per l’arte del Paese e restituito ai togolesi, ai quali l’ingresso è sempre stato precluso. In secondo luogo la mostra offre una nuova prospettiva sulle politiche espositive attuabili in Africa.

Con la questione delle restituzioni a fare da sottofondo ormai da alcuni anni quando si parla di arte e Africa, il curatore principale Kangni Alem (1966) ha voluto dare un’impronta specifica all’esposizione (aperta fino a maggio). Vi si trovano infatti oggetti e simboli che provengono esclusivamente dal territorio togolese, una scelta precisa e consapevole, a dimostrare che, conferma Alem, «non abbiamo bisogno di alcuna restituzione. Ci sono un sacco di artisti attivi e non è obbligatorio parlare sempre e solo del passato».

In terzo luogo, dare corpo a questo progetto ha significato coinvolgere e mobilitare letteralmente un’intera nazione, dovendo parlare con re e capi delle comunità locali per convincerli a concedere i loro manufatti, persuadendoli del fatto che erano importanti proprio per il loro forte valore simbolico e sacro.

Attraverso i manufatti, ancora utilizzati durante le pratiche quotidiane, emergono così i tratti fondamentali delle strutture sociali, politiche e religiose del Paese, e, altro obiettivo del progetto, i visitatori, soprattutto cristiani, possono approfondire e contestualizzare aspetti culturali e storici spesso pregiudizialmente catalogati come retaggi primitivi o eretici.

La mostra, infine, capovolge anche la convinzione, tutta occidentale, che qualsiasi artefatto di origine africana sia di proprietà esclusiva dei musei. Spesso sono le comunità sparse sul territorio i detentori delle opere, e a loro dovrebbero tornare, soprattutto se rivestivano un valore religioso o simbolico per la vita delle persone: un ulteriore importante contributo al tema delle restituzioni.


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Ayodeji Rotinwa, 11 febbraio 2020 | © Riproduzione riservata

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