Ayodeji Rotinwa
Leggi i suoi articoliIl 25 febbraio i nigeriani sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente. Al momento lo spoglio è ancora in corso, tra rallentamenti e contestazioni, ma la proclamazione del nuovo governo dovrebbe avvenire entro la settimana. Chiunque sarà il vincitore, queste elezioni segneranno uno spartiacque per il Paese. Il presidente uscente, Muhammadu Buhari, ha infatti controllato per decenni il sistema politico nigeriano, diventando capo di un regime militare dal 1983, quando prese il potere con un colpo di stato.
Sono in molti a chiedersi, però, se le elezioni segneranno anche uno spartiacque per i musei nigeriani. I professionisti del settore culturale non ne sono sicuri, pensano però che le elezioni sono servite a capire quanto lo Stato nigeriano è ancora indietro rispetto al settore privato del Paese, che ha fatto di Lagos, città più grande della Nigeria, un hub artistico di importanza mondiale.
La scena artistica nigeriana è esplosa negli ultimi anni. Secondo ArtTactic, il mercato delle vendite all’asta di artisti moderni e contemporanei dell’Africa occidentale, in cui i nigeriani rivestono un ruolo primario, è cresciuto dal 28% al 41%. La Nigeria ha dunque basi solide nel comparto artistico e culturale, ma il nuovo presidente coglierà l’opportunità?
I candidati in corsa per sostituire Buhari sono l’ex vicepresidente, Atiku Abubakar, l’ex governatore del Lagos, Bola Tinubu, e l’ex governatore di Anambra, Peter Obi, molto popolare tra i millennial. Durante le elezioni tutti i candidati hanno promesso di puntare sulle industrie artistiche e culturali del Paese per aumentare il soft power della Nigeria sulla comunità internazionale. Tutti hanno parlato della necessità di aumentare gli investimenti nel settore artistico e culturale e della conseguente crescita occupazionale.
Nei manifesti elettorali l’attenzione culturale era però principlamente puntata su Afrobeats e Nollywood, le industrie musicali e cinematografiche del Paese. Piuttosto scarso è sembrato invece l’interesse a costruire sui notevoli guadagni già ottenuti dall’industria artistica privata, che ha posizionato la Nigeria nella scena artistica globale. Nessuno è entrato nel dettaglio di come si potrebbe costruire un settore museale finanziato dallo Stato o investire nell’arte visiva in generale.
Tiku Abubakar è l’unico candidato ad avere organizzato una pubblica tavola rotonda con membri di spicco del settore dell’arte visiva nigeriana. Tra gli invitati Dolly Kola-Balogun, fondatrice della galleria Retro Africa di Lagos, ha fatto presente ad Abubakar che in Nigeria c’è bisogno di più istituzioni pubbliche, spazi e programmazione artistici e che questo dovrebbe essere parte di un programma politico nazionale. «Il governo federale deve fornire più sovvenzioni e sussidi per permettere ai governi statali di costruire più portafogli istituzionali», ha affermato.
Iniziative artistiche private, residenze, fondazioni e aperture di nuove gallerie, a Lagos sono all’ordine del giorno. «Operatori e collezionisti stanno facendo molto per sostenere il settore. Ciò che manca sono gli investimenti e il sostegno del governo», ha affermato anche Ugonna Ibe, curatore e gallerista di Lagos.
Il governo nigeriano vanta però un grande successo nella campagna di restituzioni di importanti opere d’arte, tra cui alcuni Bronzi del Benin e altre opere da parte di istituzioni come lo Smithsonian’s National Museum of African Art e la University of Cambridge.
Sotto la guida di Abba Isa Tijani, direttore generale della Commissione Nazionale Nigeriana per i Musei e i Monumenti (NCMM), la campagna di rimpatrio si estenderà oltre i Bronzi del Benin, includendo manufatti saccheggiati da altre parti del Paese, come il Califfato di Sokoto. Un accordo bilaterale tra Germania e Nigeria porterà infatti alla restituzione di oltre 1.130 oggetti.
Il Benin, che confina con la Nigeria, ha lanciato un’aggressiva campagna per la restituzione dei suoi manufatti accanto alla contemporanea creazione di quattro nuovi musei sull’arte contemporanea beninese, la cultura vodun e i guerrieri del Dahomey. Un assaggio è stato offerto lo scorso anno con la mostra «Arte del Benin da ieri a oggi, dalla restituzione alla rivelazione», allestita nell’ufficio del Presidente a Cotonou, con 26 oggetti reali saccheggiati dalla capitale del Regno del Dahomey, ad Abomey, nel 1892.
L’atteso ritorno di altri manufatti nigeriani ha coinciso con la creazione di musei regionali finanziati dai governi locali. Il John Randle Centre for Yoruba Culture & History, nello Stato di Lagos, ha stipulato un accordo con il British Museum per esporre i bronzi di Ife, mentre il nuovo Edo Museum of West African Art, a Benin City, ospiterà i tesori restituiti. «Se la Repubblica del Benin, un Paese grande quanto una manciata di Stati della Nigeria, può investire così tanto nei musei, anche la Nigeria può fare lo stesso», ha concluso Kola-Balogun.
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