Stéphane Renault
Leggi i suoi articoliL’artista francese Benjamin Vautier, detto «Ben», è stato trovato morto nella sua casa di Nizza la mattina del 5 giugno. Aveva 88 anni. Si è suicidato dopo la morte improvvisa della moglie Annie, lasciando un messaggio in cui spiegava di aver deciso di uccidersi «per riunirsi a lei». La coppia, che si era conosciuta nel 1963, aveva avuto due figli: François ed Eva, titolare di una nota galleria a Nizza.
«Annie Vautier, moglie di Ben e da tutta la vita sostenitrice incrollabile del suo lavoro artistico, è stata colpita da un ictus alle 23 di lunedì 3 giugno, hanno scritto François ed Eva Vautier in un comunicato. È morta alle 3 del mattino del 5 giugno. Non volendo e non potendo vivere senza di lei, Ben si è tolto la vita poche ore dopo nella loro casa di Saint-Pancrace, sulle colline sopra Nizza. [...]. I geni non sono mai soli. Ricorderemo Annie e Ben Vautier come una coppia emblematica dell’arte francese».
Nato a Napoli il 18 luglio 1935, l’artista di origine svizzera si trasferisce a Nizza con la madre nel 1949. Lavora come libraio e poi come commerciante di dischi, e intanto disegna e scrive poesie. Le sue formule, scritte con una grafia rotonda e infantile, diventano presto la sua firma, utilizzata su tutti i tipi di supporti, anche a fini commerciali. Nel 1965 apre una galleria, la «Ben doute de tout» (Ben dubita di tutto). Il suo negozio di dischi usati al 32 di rue Tonduti de l’Escarène diventa un punto di ritrovo e una sede espositiva dell’École de Nice. La Baie des Anges in Costa Azzurra, a cui questo spirito libero dal carattere forte rimase fedele per tutta la vita, era all'epoca lo scenario dei Nouveaux Réalistes. Vicino a Yves Klein, César, Arman e Martial Raysse, Ben entra a far parte del gruppo Fluxus.
All’inizio degli anni Settanta l’artista si trasferisce nella casa sulle colline sopra Nizza, sulla route de Saint-Pancrace ad Aspremont, nella quale è morto. Una casa che era un’opera d'arte a tutti gli effetti: nel corso degli anni Ben l’aveva arredata con i suoi «mots d’esprit», oggetti vari e cianfrusaglie kitsch, in cui traspariva il suo umorismo, sempre un po’ provocatorio.
«BIZART BAZ’ART» è il bizzarro titolo di una delle sue opere monumentali, un chiosco costruito su un accumulo di pezzi e frasi di sua composizione, ora nelle collezioni permanenti della Kunsthalle di Brema, in Germania. «Mentre cercavo oggetti invendibili, ricordava l’artista, mi sono reso conto che la macchina per la frantumazione della società poteva ingoiare e vendere qualsiasi cosa. Così l’ho chiamata “Tutto è arte, tutto è merce, non si può sfuggire”». A Parigi, il Centre Pompidou conserva un’installazione simile, «Le Magasin de Ben».
Nel 1972 partecipa alla Documenta V di Harald Szeemann. Nel 1977, Pontus Hultén scrive nella prefazione al catalogo della mostra collettiva «À propos de Nice» che inaugura il Centre Pompidou: «L’arte contemporanea non avrebbe avuto la stessa storia senza le attività e gli incontri che hanno avuto luogo nella regione di Nizza». Le opere di Ben si trovano in alcune delle più importanti collezioni pubbliche e private del mondo, tra cui il MoMA di New York e lo Stedelijk Museum di Amsterdam. E le sue piccole frasi che fanno riflettere si trovano su innumerevoli zaini, astucci e diari...
«Con la morte di Benjamin Vautier, il mondo della cultura ha perso una leggenda, ha dichiarato la ministra della Cultura francese Rachida Dati. Maestro del linguaggio, Ben ha lasciato quasi 12mila creazioni artistiche. La sua scrittura umoristica, a volte satirica, ha accompagnato e segnato generazioni. [...] La scrittura e le sculture viventi di Ben, il solco personalissimo che non ha mai smesso di scavare, hanno avuto un enorme successo, sia di critica che di pubblico. [Apparteneva a una generazione d'avanguardia per la quale essere un artista significava esplorare nuove strade e nuovi modi di espressione, con il gioioso spirito di audacia e avventura che lo ha sempre caratterizzato. [...] Attraverso la sua arte originale, inventiva, profonda ma accessibile, Ben ha toccato tutte le generazioni, invitandoci a una sottile fantasticheria sui poteri dell'arte e delle parole».
«No, Ben non è morto, ha reagito Christian Estrosi, sindaco di Nizza, in un lungo testo. È qui, nel mio ufficio, sempre davanti a me, su questa lavagna rossa dove, con la sua inconfondibile grafia, mi incoraggia: 'Dico quello che faccio e faccio quello che dico'. Non è morto perché tutti a Nizza possono vedere le sue parole sulle stazioni della linea 1 del tram. Non è morto perché ha scritto “Liberté, égalité, fraternité” sulle pareti della sala VIP del municipio. Non posso rendere omaggio a Ben come se fosse una personalità come le altre. È inclassificabile, è impertinente, è audace, è ossessivo, è inaspettato, è triste, è eruttivo, è pazzo, è saggio. È tutte queste cose e altre ancora. È Ben. Ha trasformato la creazione artistica, ha trasformato il nostro rapporto con ciò che è reale e vero, ha sottolineato, ancora e ancora, le nostre debolezze, le nostre mancanze e le nostre tentazioni. Per questo Ben è un grande artista. Un grande artista. E non è necessario mandare fiori a un grande artista, né erigere tombe di parole o di marmo. È meglio rivedere il suo lavoro nel corso dei decenni, la prima École de Nice, Fluxus e, nel corso degli anni, sempre questa vitalità, questa inventiva, questa creatività. Come Henri Matisse, Ben è Nizza. È un piacere e una gioia per la nostra città, qualcuno direbbe anche un onore, ma questo non gli si addice. È una felicità e una gioia che non morirà con lui, perché è qui, dappertutto, nella nostra vita quotidiana, con le sue domande, le sue anticipazioni, le sue imprecazioni sull'arte, su di noi, sul mondo com'è e soprattutto com'è. […] Non posso fare a meno di vedere nella sua morte il gusto per il brio che lo ha sempre accompagnato, e tutto il suo amore per Annie, che lo ha preceduto di poche ore nel “Grand Passage”. Annie e Ben erano la quintessenza dell'amore nella crudezza della vita quotidiana. […] Ben è il più forte!».
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