Anche se Katarzyna Kobro e Wladyslaw Strzeminski hanno lavorato in ambiti diversi, rispettivamente scultura e pittura, il rapporto tra la coppia di coniugi è stato di «importanza fondamentale» per le loro teorie artistiche e le loro opere, spiega Jaroslaw Suchan, il curatore della mostra «Katarzyna Kobro and Wladyslaw Strzeminski: Avant-garde prototypes» aperta al Reina Sofía di Madrid dal 25 aprile al 18 settembre.
I due si incontrarono a Mosca nel 1918 e furono profondamente influenzati dai movimenti dell’Avanguardia europea come il De Stijl e il Costruttivismo. La mostra presenta quasi tutte le opere ancora esistenti di Kobro (molte furono distrutte durante la seconda guerra mondiale) e una riproduzione della «Camera neoplasticista» di Strzeminski, costruita nel 1948 per il Muzeum Sztuki di Lodz, in Polonia, che co-organizza la mostra attuale. L’interno è «uno dei pochi esempi di uno spazio museografico progettato da un artista dell’Avanguardia», dichiara Suchan.
La grande influenza di Bernd e Hilla Becher, la coppia tedesca che insegnò alla Kusntakademie di Düsseldorf e che diede origine a una prolifica scuola, è presa in esame in «La fotografia diventa pittura: la Becher Class» al Museo Städel di Francoforte dal 27 aprile al 13 agosto. Con più di 150 opere, il co-curatore della mostra Martin Engler spiega che la mostra suggerisce come il legame tra i Becher e la Becher Class (anche nota come la Scuola di Düssedorf) sia stato più che una semplice tendenza verso i grandi formati e un certo modo di incorniciare le fotografie. Ex allievi della coppia, come Andreas Gursky, Candida Höfer e Thomas Ruff, hanno assimilato il metodo dei Becher di fotografare diverse immagini simili ma non identiche, un’idea che, aggiunge Engler, è poi diventata importante nel mondo dell’arte contemporanea.
Un diverso tipo di rapporto è esplorato in «Renoir: padre e figlio/Pittura cinema» alla Barnes Foundation di Filadelfia dal 28 aprile al 3 settembre, che ospita la più grande collezione delle opere di Pierre-Auguste Renoir. Il figlio Jean è considerato uno dei più grandi registi cinematografici di tutti i tempi, ma pochi sanno che iniziò come ceramista. Le sue ceramiche sono esposte per la prima volta, conferma la curatrice della mostra Sylvie Patrie, e insieme a film, costumi, foto e quadri di Jean realizzati dal padre, pongono in una nuova luce il loro rapporto. Gli artisti condividevano «un senso di umanità, una sorta di approccio panteista alla natura, e l’idea che l’artista sia un artigiano, non necessariamente un creatore onnisciente e intellettuale», conclude la Patry.