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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliCon un prodigio dell’intelligenza artificiale, Magritte torna a parlare di sé stesso e della sua opera. Succede al Kmska di Anversa, dove, dal 15 novembre al 22 febbraio 2026, la mostra «Magritte. La ligne de vie» riporta in vita la nevralgica conferenza che il maestro tenne nel 1938 nel celebre museo fiammingo allo scopo di spiegare la nascita, come accadde solo altre due volte nel corso della sua vita, di un linguaggio accattivante, visivamente inconfondibile ma concettualmente enigmatico. «Volevamo creare non una semplice mostra, ma un dialogo poetico tra immagine e parola», precisa la curatrice del Kmska Lisa van Gerven. La conferenza si rivelò una fondamentale occasione di riflessione per lo stesso artista, che con forte intento anche politico, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, dichiarò: «Dobbiamo difenderci da questa mediocre realtà plasmata da secoli di idolatria del denaro, delle razze, delle patrie, degli dei e, aggiungerei, di idolatria dell’arte. La natura, che la società borghese non è riuscita a estinguere del tutto, ci offre lo stato di sogno, che dona al nostro corpo e alla nostra mente la libertà di cui hanno disperatamente bisogno. La natura sembra essere stata generosa nel creare per gli individui eccessivamente inquieti o deboli il rifugio della follia, che li protegge dall’atmosfera soffocante del mondo moderno. La grande forza difensiva è l’amore, che coinvolge gli amanti in un mondo incantato (..). Infine, il Surrealismo rivendica per la vita da svegli una libertà simile a quella che abbiamo nei sogni».
Guidata dalle parole di Magritte e curata da Xavier Canonne, storico dell’arte e docente universitario specializzato nel Surrealismo belga, la mostra presenta l’artista in una dimensione personale e introspettiva, esponendo dipinti e disegni che ne coprono l’intera carriera, tra cui quelli da lui stesso citati, oggi appartenenti a collezioni pubbliche e private e spesso raramente esposti. Così accade, ad esempio, per opere come «Il naufragio del buio» (1926) dal Museo di Pittura e Scultura di Grenoble, «La chiave dei campi» (1936) della Fondazione Thyssen Bornemisza o «Il Sospetto» (1948) oggi nelle collezioni della banca belga Cph. «In mostra i visitatori scopriranno come Magritte abbia sviluppato il suo celebre linguaggio visivo passo dopo passo, afferma Canonne. La conferenza dimostra che non si è trattato di un percorso lineare, ma di una vera e propria ricerca, persino di una lotta. La selezione delle opere rivela le domande che continuavano a tormentarlo e i motivi ricorrenti: la mela, le nuvole, i panorami, i giocattoli a forma di tazza e palla». Nella conferenza, Magritte inizia con un ricordo d’infanzia: il momento in cui scoprì la magia della pittura. Quella sensazione non lo abbandonò mai e tutta la sua carriera si rivela una ricerca tesa a comprendere quel mistero. Inizialmente accolta con reazioni contrastanti, la conferenza ispirò soprattutto giovani artisti come Marcel Mariën, Gilbert Senecaut, Roger Van de Wouwer e Léo Dohmen, che gettarono le basi di quel «Surrealismo di Anversa» con cui la mostra al Kmska si conclude.
René Magritte, «La chiave dei campi», 1936, Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza. © Succession René Magritte-Sabam Belgium, 2025. © Museo Nacional Thyssen-Bornemisza
René Magritte, «Il sapore delle lacrime», 1946, collezione privata. © Succession René Magritte-Sabam Belgium, 2025