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Maurita Cardone
Leggi i suoi articoliIl 2025 segna un momento di visibilità senza precedenti per l’arte finlandese sulla scena internazionale. Dopo un anno di mostre e progetti che hanno portato artisti del Paese nordico in alcune delle principali capitali culturali, New York si prepara ora ad accogliere uno degli appuntamenti più attesi: «Seeing Silence: The Paintings of Helene Schjerfbeck», in apertura al Metropolitan Museum of Art il 5 dicembre. La mostra, realizzata in collaborazione con l’Ateneum Art Museum di Helsinki, che è parte della Finnish National Gallery, è la prima grande retrospettiva negli Stati Uniti dedicata a Helene Schjerfbeck, figura centrale dell’arte nordica e tra le pittrici più influenti del suo tempo. Curata da Dita Amory, responsabile della Robert Lehman Collection del Met, con la consulenza di Anna-Maria von Bonsdorff, direttrice dell’Ateneum, l’esposizione presenterà circa 60 opere, molte delle quali provenienti da musei e collezioni private in Finlandia e Svezia.
Pittrice amatissima in Finlandia ma ancora poco conosciuta negli Stati Uniti, Helene Schjerfbeck è nota per opere realiste, tra cui autoritratti, paesaggi e nature morte, ma la mostra ripercorre il suo intero viaggio artistico, dalle prime opere realizzate dopo la scuola d’arte a Parigi, passando per le sperimentazioni astratte in cui la pittrice usava la madre e alcuni vicini come modelli, fino ai suoi prolifici ultimi momenti di vita in Svezia. La sua esistenza fu segnata dal dolore fisico e dalla malattia: una brutta caduta all’età di quattro anni le provocò una lesione all’anca le cui conseguenze condizionarono la sua infanzia. Ma fu proprio allora che iniziò ad avvicinarsi all’arte. L’isolamento le offrì la possibilità di sviluppare un percorso autonomo, lontano dalle mode e di sviluppare un linguaggio essenziale e radicale. Le decine di autoritratti che continuò a realizzare nel corso di tutta la vita documentano con sincerità il corpo, la vulnerabilità e il passare del tempo, senza però l’ossessione del reale. «È una delle artiste più famose del nostro Paese. Ha creato un linguaggio espressivo del tutto personale, eliminando tutto ciò che era superfluo nei suoi quadri», racconta von Bonsdorff. Tra i lavori più emblematici spiccano gli oltre 40 autoritratti che l’artista realizzò nel corso della vita: «Una volta che li si è visti, non li si dimentica più, assicura la curatrice. Schjerfbeck aveva uno stile davvero originale, che non somiglia a nessun altro artista. C’è una qualità meditativa nei suoi dipinti che credo parli agli spettatori contemporanei, dal Giappone all’Europa e ora anche agli Stati Uniti. Sono convinta che nei prossimi anni sarà riconosciuta accanto a grandi figure come Edvard Munch».
La mostra si inserisce nel programma «Classics for the World», con cui l’Ateneum porta all’estero i capolavori del proprio patrimonio, sostenuto dalla Jane and Aatos Erkko Foundation. «C’è oggi una grande domanda di arte finlandese nel mondo, spiega von Bonsdorff. Quest’anno abbiamo presentato a Parigi una mostra dedicata a Pekka Halonen, che proseguirà nel 2026 nei Paesi Bassi e in Danimarca. Anche le nostre rassegne tematiche su artisti viaggiatrici e sul Gotico moderno stanno incontrando un grande successo internazionale». La retrospettiva newyorkese arriva infatti al termine di un anno intenso di iniziative che hanno portato la Finlandia sotto i riflettori internazionali. Tra queste, il progetto «Remix the Archive», ospitato la scorsa primavera alla Dunkunsthalle Gallery di New York, in cui artisti e programmatori hanno reinterpretato il patrimonio digitale della Finnish National Gallery attraverso strumenti di arte generativa.
Per Von Bonsdorff, l’interesse crescente per la scena artistica finlandese non è una sorpresa: «L’arte finlandese è nuova ed emozionante, perché ancora poco conosciuta in Europa e nel mondo. I nostri artisti, uomini e donne di origini diverse, hanno saputo trasformare una storia periferica in una visione internazionale. Ora è tempo che il mondo li scopra davvero».