Un braccio meccanico alto 20 metri annuncia da lontano «Metal Panic», la personale che il Pac-Padiglione di Arte Contemporanea (che la produce con Silvana Editoriale) dedica dal 27 novembre al 9 febbraio 2025 a Marcello Maloberti: alla sua sommità, la scritta luminosa «Cielo» (2024), tutta maiuscola. E ribaltata. Se l’intera mostra è un atto d’amore dell’artista per Milano, la città dove Maloberti (Codogno, Lodi, 1966) si è formato, dove vive e dove lavora, quest’opera è un omaggio al suo maestro ideale, Piero Manzoni, perché, proprio come voleva lui, nega le certezze, capovolgendo il punto di vista consueto. «La mostra è stata pensata come un cantiere aperto, in cui si racconta un percorso in svolgimento, ancora ricco di potenzialità», spiega il curatore Diego Sileo.
Ci s’imbatte infatti in materiali da cantiere sin dal cortile, dove la facciata del Pac è in parte ricoperta dagli elementi di acciaio zincato di «Ultimatum» (2024). Lo stesso materiale è utilizzato per le didascalie che, incise con la grafia dell’autore, ritmano lo spazio interno proponendosi con la stessa dignità di un’opera d’arte, tanto da dar vita a un lavoro autonomo, «Incipit», del 2024. Sempre di quest’anno è anche «M», formata da un cartello stradale, capovolto anch’esso, che indica il confine della città di Milano. Nel titolo, così come nel capovolgimento, è evidente il rinvio a Mussolini di un’opera, puntualizza Sileo, «che riflette anche sul momento che stiamo attraversando, in una città, poi, che tanto peso ha avuto nella fine del fascismo».
In mostra figurano lavori «storici» (specie nella Project Room), altri recenti e altri prodotti dal Pac, «uno dei quali, continua Sileo, verrà donato alle Civiche Raccolte milanesi, com’è accaduto per tutte le mostre di questo nostro percorso organico sull’arte italiana della generazione che ha esordito negli anni ’90, e che non sempre ha ricevuto i riconoscimenti che meriterebbe». Non mancano, nel parterre affacciato sul verde, le sue «Martellate» (2024), con le riflessioni e gli aforismi dell’artista, mentre l’intero spazio del Pac è invaso dai rumori («spaventi sonori improvvisi» li definisce lui) dell’opera video che dà il titolo alla mostra. Qui un musicista suona una sua inedita composizione e lo fa con uno strumento paradossale: un fucile, le cui canne diventano flauti. Un altro violento ossimoro, di quelli cari a Maloberti, in cui uno strumento di morte diventa strumento musicale.
Nella serata inaugurale sono previste due performance, entrambe pensate per il Pac: «Bolidi», un’installazione performativa formata da sette sculture indossabili, attivata da performer che la trasporteranno in tutto l’ambiente museale, e «Sironi», che vede una pozzanghera, plumbea come i colori della tavolozza di quel maestro, allargarsi sul pavimento del Pac e poi essere manipolata dalla performer.