Elizabeth Markevitch
Leggi i suoi articoliFigura leggendaria del cinema, Alain Delon si è spento il 18 agosto, all'età di 88 anni. Mentre milioni di persone in tutto il mondo lo ammiravano per la sua carismatica presenza sullo schermo, pochi sapevano che era anche un appassionato collezionista d'arte, la cui dedizione rivaleggiava con il suo impegno per il cinema. Da persona che ha avuto il privilegio di conoscere personalmente Delon, posso testimoniare il suo insaziabile appetito per il collezionismo, che rivela un uomo guidato dalla passione piuttosto che dall'investimento.
L’inizio del viaggio di un collezionista
Il mio primo incontro con Delon alla fine degli anni Ottanta, mentre lavoravo da Sotheby’s, mi fece conoscere il suo «grave caso di collezionismo». La sua proprietà di Ginevra era piena di opere d’arte, a testimonianza del suo profondo amore per il collezionismo. A differenza di molte celebrità che potrebbero ritirarsi dagli occhi del pubblico, Delon ha abbracciato le sue altre due passioni: l’arte e le corse dei cavalli, alternando spesso le prime dei film alle apparizioni nelle case d’asta.
Il viaggio di Delon come collezionista d’arte iniziò nel luglio 1969 con l’acquisto di uno degli ultimi disegni disponibili di Albrecht Dürer per 700mila franchi. Questo acquisto segnò l’inizio di una collezione inizialmente incentrata sui disegni, prima di espandersi con opere di artisti francesi del XIX secolo come Jean-François Millet e Théodore Géricault. In seguito, i suoi interessi si spostarono verso il fauvismo e i moderni scultori di animali, con una particolare predilezione per Rembrandt Bugatti.
L'arte come riflesso della passione
A distinguere il Delon collezionista era la sua natura impulsiva e la sua profonda passione per l'arte. Una volta mi disse: «Ho comprato per passione, mai per investimento», e questa filosofia ha portato a una collezione eclettica che abbraccia secoli e stili.
Nel 1990 l’ho assistito nell’organizzazione di una retrospettiva della sua collezione alla Galerie Didier Imbert. Delon era immensamente orgoglioso di vedere le sue opere esposte in un museo, un momento che evidenziava la profondità e la qualità delle sue acquisizioni. Due anni dopo, l’ho convinto a prestare il suo Braque fauvista per una mostra al Musée Gianadda in Svizzera, dove l'opera è stata persino riportata sull’etichetta di una bottiglia di vino (un’dea ispirata da Leonard Gianadda).
Un collezionista competente e impegnato
La conoscenza dell’arte di Delon era impressionante quanto la sua collezione. Tra una ripresa e l’altra, visitava i musei, ampliando costantemente le sue conoscenze e affinando i suoi gusti. Le nostre conversazioni sull’arte erano sempre coinvolgenti e perspicaci; rivelavano un uomo dedito tanta alla conoscenza dell’arte quanto all’acquisto. «Quando mi innamoro di un artista o di un periodo, mi ci immergo, leggo tutto e posso parlarne», mi disse una volta. Questa curiosità intellettuale lo distingueva da molti altri collezionisti famosi.
Il parallelo tra arte e vita
L'approccio di Delon al collezionismo rispecchiava il suo approccio alla vita: appassionato, vario e senza compromessi. Questo parallelo è particolarmente evidente nel film del 1977 «L'homme pressé (Ultimo giorno d’amore»), diretto da Édouard Molinaro. Pur non essendo autobiografica, la storia di Pierre Niox, un collezionista che vive a ritmi frenetici, risuona con la realtà di coloro che sono immersi nel mondo dell'arte, tra cui lo stesso Delon.
Il film, tratto dal romanzo del 1941 di Paul Morand, presenta dialoghi scritti da Maurice Rheims, un banditore d'asta francese che ha influenzato la mia decisione di intraprendere una carriera nel mercato dell'arte. Questo legame con il mondo dell'arte ha conferito al film un’autenticità che riflette le esperienze di Delon stesso. Conoscendo Delon e la sua coprotagonista Mireille Darc, ho capito quanto la storia fosse legata alle loro vite.
Un'eredità di passione e arte
La collezione di Alain Delon era notevole non solo per la sua ampiezza ma anche per la sua profondità. Ha messo insieme quella che probabilmente è la più bella collezione di opere di Rembrandt Bugatti, uno scultore animalier sottovalutato. La sua passione per le sculture di animali potrebbe essere stata influenzata dal suo ruolo ne «Il Gattopardo», sebbene Delon stesso abbia negato qualsiasi influenza diretta da parte di Luchino Visconti.
Riflettendo sulla mia ultima interazione con Delon (la vendita di un disegno di Rembrandt a un importante collezionista di New York) mi colpisce l'eredità che lascia. Durante la sua vita ha disperso la maggior parte della sua collezione, non volendo caricare i figli della responsabilità di gestirla.
Il percorso di Delon come collezionista è una testimonianza del potere della passione nel formare una collezione straordinaria e una vita vissuta alla ricerca della bellezza.
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Oltre il grande schermo
L'eredità di Alain Delon va ben oltre il suo contributo al cinema. Era un uomo che viveva con la stessa intensità con cui interpretava i suoi ruoli, e la sua collezione, che spaziava dall'arte antica all'Astrattismo, rifletteva l'evoluzione dei suoi gusti e la sua volontà di esplorare nuovi territori artistici. Il suo approccio al collezionismo era impavido e senza limiti, spesso superando le offerte di collezionisti e istituzioni affermate.
La storia di Delon ci ricorda che il vero collezionismo non è solo acquisizione di opere d’arte, ma anche ricerca di conoscenza, bellezza ed espressione di sé. La decisione di vendere gran parte della sua collezione negli anni Novanta e di nuovo nel 2007 era caratteristica del suo approccio alla vita: preferiva supervisionare personalmente la dispersione delle sue amate opere d’arte, piuttosto che lasciarla ad altri dopo la sua morte.