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Carla Accardi, «Scacchiera oroverde» (particolare), 1965

Courtesy of Galleria dello Scudo

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Carla Accardi, «Scacchiera oroverde» (particolare), 1965

Courtesy of Galleria dello Scudo

Alla Galleria dello Scudo di Verona l’oro e l’argento di Carla Accardi

La metamorfosi della pittrice tra luce e materia: venti dipinti che anticipano la trasparenza e la libertà del suo linguaggio più radicale. Visita della mostra in compagnia di Bruno Corà e Paola Bonani

«Carla Accardi. Oroargento, dipinti 1964-1965» è la mostra che la Galleria dello Scudo presenta dal 13 dicembre al 28 marzo 2026, realizzata in collaborazione con l’Archivio Accardi Sanfilippo e accompagnata da un catalogo con i testi di Bruno Corà, Paola Bonani e Daniela Lancioni. Le opere del percorso, ancora poco conosciute e di cui alcune rappresentano un’anticamera della stagione dei sicofoil, sono una ventina, tra tele di grandi dimensioni e diverse carte.

Bruno Corà, le chiediamo di introdurci alla visita in anteprima.
In mostra ci sarà un nucleo di dipinti eseguiti tra il 1964 e il 1965 distinti dall’uso dell’oro e dell’argento. Una sperimentazione che Accardi perseguirà per poco più di un anno, utilizzando un segno ripetuto e sinuoso che si organizza all’interno di forme con un andamento e una dinamica che lo distingue decisamente da quello aggrovigliato e un po’ ansiogeno che l’artista aveva percorso dopo l’adesione al gruppo Forma. E Accardi manifesta la volontà di differenziare il suo segno, bianco su nero, dai linguaggi pittorici assimilabili a una forma di scrittura. Siamo dentro l’affermazione di un linguaggio originale e decisamente suo dopo la crisi vissuta del 1953. Si tratta di una mostra importante, e tra le più rare, perché si focalizza su una ventina di opere, di cui sette di grandi dimensioni accanto a diverse carte e carte intelate di misure più contenute, tutte tempera alla caseina: mentre la tempera ha una sua opacità, l’oro e l’argento irrompono con la loro luminosità disegnando forme geometriche, losanghe, quadrati, diagonali. È una mostra con un impianto forte che approfondisce un’osservazione molto ristretta su un momento molto specifico.

Paola Bonani, lei è stata curatrice, insieme a Daniela Lancioni, della grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma dello scorso anno, nel centenario dell’artista: la mostra veronese invece quale Accardi racconta?
Qui avremo un nucleo coeso di opere meravigliose, meno viste e poco conosciute: in queste scacchiere, il segno si fa più controllato e strutturato, ma al tempo stesso la luce che si riflette sull’oro e sull’argento libera un’energia anche maggiore di quella dei quadri della fine degli anni Cinquanta in bianco e nero, o di quelli dei primi anni Sessanta dipinti con i colori fluorescenti o sfruttando le vibrazioni ottiche dei colori complementari.

Bonani, come nasce questa scelta cromatica? Siamo alle soglie della sua partecipazione alla Biennale di Venezia: può la città aver influito con le sue luci e i suoi riflessi? Se c’è una memoria che torna in Accardi, è quella dei mosaici di Ravenna, del Mausoleo di Galla Placidia che l’artista ha in più occasioni citato quando raccontava di com’è nata l’idea della sua prima tenda: uno spazio in cui la luce, come quella riflessa sulle tessere d’oro, si muove e avvolge l’osservatore, così come accadrà con i sicofoil che creano uno spazio permeabile alla luce. I dipinti con l’oro e l’argento aprono una fase di sperimentazione linguistica e sui materiali che conduce a quella dei sicofoil.

Bruno Corà, come arriva Accardi a concepire i sicofoil?
I dipinti con l’argento e l’oro che risaltano sullo sfondo rappresentano un’anticamera della stagione dei sicofoil, iniziata con le prime sperimentazioni proprio in questo momento e portata a pienezza nel 1966, con il colore che fluttua nello spazio: i dipinti che esponiamo in questa mostra sono importanti anche per questa ragione, perché annunciano una nuova rivoluzione di grande respiro che genera una spazialità nuova. Accardi non si è lasciata imprigionare dall’Informale, anzi non è mai stata informale. Sceglie come filosofia di vita la necessità di superare la condizione in cui si trova come donna, determinata nella sua vocazione di artista.

Corà, il suo quindi non è un linguaggio informale e non è assimilabile a un’idea di scrittura…
Carla parte da un concetto di sigla grafica, ma, nel suo desiderio di affrancarsi da una certa conformità, rivolge il suo interesse alle forme della vita moderna, ad esempio si ispira alle forme, alle strutture della pubblicità immettendole nell’impaginato delle sue composizioni. Non vuole portarsi dietro nessun tipo di retaggio, questo la farebbe ricadere in qualcosa che non le appartiene, oltretutto di segno maschile. Dell’Informale non condivide il sottofondo poetico carico di angoscia esistenziale. Il suo slogan «dimenticare e mettersi in salvo» vuole dire superare una serie di condizioni che hanno influito sulla vita di artisti, uomini e donne, e vivere, fare esperienze, dipingere, non piangersi addosso.

Corà, quella di Accardi è una ricerca che coincide anche con un’affermazione del femminile?
È un tema molto difficile: Accardi è stata molto attiva nella militanza femminista accanto a Carla Lonzi, con cui ha fondato «Rivolta femminile», ma con la quale c’è stata poi una drammatica rottura proprio sul piano dell’arte, dominato allora dal mondo maschile, che Lonzi decide di abbandonare. Accardi invece si sentiva tanto più donna e affrancata dalla cultura maschile quanto più si dedicava all’arte. 

Paola Bonani, quella rottura con Carla Lonzi che significato ebbe?
Sul tema di come combattere il patriarcato nel mondo dell’arte si scioglie il loro connubio, ma io credo che Accardi sia riuscita a fare breccia in questo mondo proprio grazie a una sua caratteristica, di segno femminile: non era una personalità oppositiva, anzi, era molto aperta, e sceglie di continuare sentendosi innanzitutto artista, e poi donna; mi sembra sia stata molto più ricettiva a quello che le accadeva intorno rispetto ai suoi compagni di strada. La sua ricerca è rimasta al passo con i tempi, attuale sempre: quando sceglie il bianco e nero, quando declina l’Optical, quando si dedica agli ambienti, ed è l’unica donna italiana riconosciuta a livello internazionale in questo, infine con i sicofoil trasparenti nel momento in cui il Minimalismo imperava.

Camilla Bertoni, 08 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Alla Galleria dello Scudo di Verona l’oro e l’argento di Carla Accardi | Camilla Bertoni

Alla Galleria dello Scudo di Verona l’oro e l’argento di Carla Accardi | Camilla Bertoni