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Rica Cerbarano
Leggi i suoi articoliC’è una cartella sul desktop del mio computer che si intitola «allestimenti: non fare». È una raccolta delle «worst-practices» che mi capita di vedere mentre visito mostre fotografiche, in Italia come altrove. Non semplici imperfezioni, ma vere e proprie negligenze allestitive che impattano negativamente sulla fruizione delle opere. Come sappiamo, l’immagine fotografica si materializza nel mondo in molteplici forme, che variano a seconda del supporto su cui è stampata, delle dimensioni e della cura con cui viene allestita. Eppure, c’è ancora una grande incomprensione tra gli organizzatori di mostre: la convinzione che esporre fotografie sia più «facile» rispetto ad altre arti.
Recentemente ho visitato una rassegna in un luogo in cui in passato si erano tenute esposizioni di qualità, curate e allestite in modo eccellente: il Magazzino delle Idee di Trieste. Ho trovato sconcertante l’incuria dell’ultimo allestimento: cornici appese fuori bolla, cartelli di segnaletica abbandonati a terra, didascalie in equilibrio precario. Disattenzioni che non rendono giustizia né al lavoro degli artisti esposti né a quello del curatore.
Eppure sono tanti i casi simili. Succede spesso nei piccoli festival di fotografia, dove i budget ridotti e la versatilità dello staff lasciano troppo spazio all’improvvisazione, ma inaspettatamente anche nelle grandi istituzioni, le quali a volte rischiano di scivolare nel baratro della monotonia, sia dal punto di vista curatoriale che espositivo. È importante rendersi conto che non è solo l’immagine in sé (la qualità della stampa o la potenza del soggetto) a determinare il livello della mostra, ma anche tutto ciò che vi sta attorno.
Una cosa però va detta: non c’è un modo «giusto» di allestire un lavoro fotografico, ci sono infinite possibilità (ed è proprio questa una delle bellezze della fotografia: la sua flessibilità). Sicuramente però c’è comunque un modo «giusto» di trattare le fotografie: come oggetti di valore. Non sempre economico, è vero (come accade per le «exhibition copies» smaltite a fine evento). Tuttavia, è sbagliato pensare che allestire una mostra fotografica sia poco costoso e quindi conveniente rispetto, per esempio, alla pittura o all’arte contemporanea. Ricordiamo che dietro ogni fotografia appesa al muro c’è il lavoro di più persone (del fotografo, del curatore, dello stampatore, del corniciaio, degli allestitori, dei project manager) e che su ogni opera si sofferma lo sguardo dello spettatore, la sensibilità di un pubblico più attento e preparato di quanto a volte si creda, che tra l’altro spesso ha pagato un biglietto per entrare. Tutto questo costituisce il valore di una fotografia appesa alle pareti di uno spazio espositivo e dev’essere rispettato.
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