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Charlotte Burns
Leggi i suoi articoliLa fiera si è rilanciata dopo anni di appannamento
l rilancio dell’Armory Show inizia a far vedere i suoi effetti dopo tre anni di direzione di Noah Horowitz. Alla 17ma edizione della fiera d’arte contemporanea, aperta dal 5 all’8 marzo, è arrivato un numero record di domande di partecipazione. «C’è stato un vero cambiamento dopo l’ultima edizione. Finalmente sembra che sia scattato qualcosa nella mentalità di tutti, dai giornalisti ai galleristi», spiega Horowitz. Varata nel 1994 al Gramercy Park Hotel dai mercanti Colin de Land, Pat Hearn, Matthew Marks e Paul Morris, l’Armory (che allora si chiamava Gramercy International Art Fair) era un evento molto apprezzato e influente, che ha perso però il favore dei partecipanti e del pubblico diventando troppo «di settore». Il programma di Horowitz, all’atto della sua nomina, si è incentrato sul «miglioramento della fiera» anziché sulla competizione con altre mostre mercato, a cominciare dalla più temibile rivale, l’edizione newyorkese di Frieze.
Una ristrutturazione architettonica della sede, ubicata ai Piers 92 e 94 sull’Hudson, ha semplificato la circolazione del pubblico, è stata potenziata la comunicazione tra l’organizzazione e le sue diverse parti e un comitato di selezione più rigoroso ha incoraggiato la partecipazione di «gallerie veramente serie», sostiene il direttore. Tra le 197 gallerie presenti quest’anno, si segnala il ritorno di David Zwirner e Sprüth Magers, con diverse new entry tra cui Ben Brown Fine Arts, Metro Pictures e gallerie che vengono da più lontano, grazie a un nuovo focus sull’arte del Medio Oriente, del Nord Africa e del Mediterraneo. Gli artisti presenti in questa sezione, organizzata da Omar Kholeif, curatore della Whitechapel Gallery di Londra, in accordo con le associazioni non profit Edge of Arabia e Art Jameel, vengono da diversi Paesi tra cui Algeria, Egitto, Iran, Iraq e Siria.
Otto le presenze italiane: nella sezione dedicata all’arte moderna espongono la Galleria Maggiore di Bologna (il suo titolare, Franco Calarota, fa parte del comitato che presiede alla selezione delle gallerie partecipanti), Mazzoleni di Torino e Repetto di Milano; in quella contemporanea figurano quattro milanesi, Cardi, De Cardenas, De Carlo e Lia Rumma, mentre nella sezione «Armory presents», dedicato a mostre monografiche, Federica Schiavo di Roma incentra il proprio stand su Andrea Sala. L’unico fattore che decreta la sopravvivenza di una fiera d’arte è il successo commerciale e a detta di Horowitz le date dell’Armory sono un vantaggio: «A marzo, spiega, la gente ha ricevuto i premi di produzione e non deve ancora pagare le tasse. I miei predecessori non hanno voluto che la fiera coincidesse con le aste perché distraggono i collezionisti di blue chip». Sul futuro della fiera il direttore si dice fiducioso: «Ci vorranno tempo e fatica ma miglioriamo ogni anno. Possiamo diventare, credo, la fiera di riferimento a New York e una delle migliori al mondo».