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Una veduta di «Sculptura. Capolavori italiani dal XIII al XX secolo», Modenantiquaria, XXXVI edizione. Foto di Paolo Pugnaghi

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Una veduta di «Sculptura. Capolavori italiani dal XIII al XX secolo», Modenantiquaria, XXXVI edizione. Foto di Paolo Pugnaghi

Appello da Modenantiquaria: torniamo competitivi

Il convegno Fima ha rilanciato la necessità di evitare notifiche a raffica, «europeizzare» la soglia dei valori autocertificabili e tagliare i tempi di risposta da lumaca della pubblica amministrazione

Stefano Luppi

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Molte vendite, fitte trattative tra collezionisti e antiquari, decine di migliaia di ingressi e riflessioni stringenti sulla legislazione italiana da parte dei protagonisti del mercato dell’arte. Sono queste le principali caratteristiche della XXXVI edizione di Modenanquaria, la manifestazione di alto antiquariato che si è svolta a ModenaFiere dall’11 al 19 febbraio.

Il salone, curato da Francesca Moratti e con la supervisione di Marco Momoli, ha visto oltre 140 espositori suddivisi tra lo spazio principale dedicato agli antiquari italiani e i 2.800 metri quadrati riservati a Petra, dedicata all’antico, alla decorazione e ristrutturazione di spazi esterni. Presenti, inoltre, anche sculture dal XIII al XX secolo nella seconda edizione di Sculptura che registra l’interesse dei collezionisti così come i molti stand dedicati all’Otto e Novecento italiano.

La maggioranza degli affari ha però riguardato il «core business» di Modenantiquaria: i dipinti. Una delle opere più costose in vendita era da Lampronti di Roma, una «Veduta di Venezia» di Bernardo Bellotto, valutata 800mila euro, ma altrettanto interessante il dipinto di Ubaldo Gandolfi da Pietro Cantore di Modena, venduto a 80mila euro. Da Fondantico di Bologna, molto apprezzato un «Cupido addormentato» del 1630-35 di Guido Reni (per una stima di 400mila euro). Robilant+Voena esponeva una «Crocifissione con la Vergine e san Giovanni Evangelista» in bronzo (fine XVI secolo-inizio XVII secolo) di Pietro Tacca e bottega valutata 850mila euro.

Il 13 e 14 febbraio nell’ambito del salone si è tenuta la quarta edizione del Convegno degli Antiquari, «Antiquario futuro», organizzata dalla Federazione Italiana Mercanti d’Arte (Fima): presenti tra gli altri il curatore Carlo Teardo (past president Fima), il presidente Fima Fabrizio Pedrazzini, il sottosegretario MiC Vittorio Sgarbi, l’avvocato Giulio Volpe e l’editore di «Il Giornale dell’Arte» Umberto Allemandi che hanno dibattuto su temi cruciali.

Riassume Pedrazzini: «Il mondo dell’antiquariato, come ci sforziamo di dire attraverso Fima, l’Associazione Antiquari d’Italia (Aai), presieduta da Bruno Botticelli, e il Gruppo Apollo, presieduto da Sonia Farsetti, sta soffrendo non poco dalla crisi economica del 2008. Soprattutto, però, i problemi derivano dalle leggi italiane che ci rendono poco competitivi nei confronti dei Paesi esteri. Abbiamo tempi lunghissimi nelle risposte degli organismi statali, inoltre, la soglia di autocertificazione, fissata a 13.500 euro, rispetto alla proposta europea di 150mila e alla Francia dove raggiunge i 300mila euro, è troppo bassa. A ciò si aggiungono le notifiche impartite a raffica da parte dello Stato».

«Non ha senso, chiosa l’avvocato Volpe, avere leggi che trattengano in Italia tutte le opere di artisti già ben rappresentati. La tutela deve concentrarsi su opere utili a documentare contesti scomparsi. E anche i tempi di risposta della pubblica amministrazione sono intollerabili e vanno abbassati».

Una veduta di «Sculptura. Capolavori italiani dal XIII al XX secolo», Modenantiquaria, XXXVI edizione. Foto di Paolo Pugnaghi

Stefano Luppi, 22 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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