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Varie inquadrature della cintura di sicurezza, messa in atto con l’obiettivo di scongiurare il crollo delle torri simbolo di Bologna

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Varie inquadrature della cintura di sicurezza, messa in atto con l’obiettivo di scongiurare il crollo delle torri simbolo di Bologna

Allarme per la Torre Garisenda: a rischio collasso

I due simboli di Bologna sono in fase di urgenza, di messa in sicurezza. L’attuazione del progetto di consolidamento e restauro, pronto per l’estate, richiederà 20 milioni di euro e 10 anni di lavori

Stefano Luppi

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La Torre Garisenda, con la «gemella» degli Asinelli, simbolo della città, è dallo scorso ottobre fortemente a rischio. Ormai la sua pendenza è la stessa della Torre di Pisa, circa 4 gradi rispetto all’asse verticale (il record, con 5,07 gradi, lo detiene in Bassa Sassonia la massiccia facciata campanile di Suurhusen). È così stato alzato un «cordone di sicurezza» alto cinque metri: enormi container rossi sono posizionati intorno a entrambe le torri di Porta Ravegnana, «unite» oggi da un’ampia rete metallica, anch’essa necessaria a trattenere la caduta di eventuali calcinacci. A operare sulla Torre dallo scorso autunno è la Fagioli Spa di Sant’Ilario d’Enza (Re), società di engineering che si è occupata anche del Ponte Morandi di Genova e del recupero della «Costa Concordia» all’Isola del Giglio. 

Il direttore Fabrizio Ferrari spiega l’intervento: «È unico nel suo genere, i container sono lo strumento migliore perché ci permettono di modulare e cambiare l’assetto della cintura in base alle esigenze». Con l’aiuto di Modena Ingegneria Srl di Piumazzo (Mo) sono stati anche inseriti nel sottosuolo dei micropali con diametro di 20 centimetri e lunghi decine di metri: hanno il compito di evitare che il peso dell’intero fragile monumento si scarichi sulle fondamenta, aumentando così i rischi di crollo. L’attenzione intorno alla Garisenda dunque è massima, come dimostra anche la portata dei finanziamenti. L’8 maggio l’ex ceo e presidente di Google (2001-15), Eric Schmidt, ha donato un milione di euro per la manutenzione e sono intervenuti anche i cantanti Gianni Morandi e Cesare Cremonini. Siamo a 2,5 milioni, la previsione è di arrivare a 4,5 milioni e c’è anche l’ArtBonus per entrambe le torri a quasi a 3 milioni. E poi i fondi pubblici. Se il costo del futuro restauro è quantificato in almeno 20 milioni di euro (il sindaco di Bologna Matteo Lepore: «Ai donatori interessati a partecipare io dico tra i 20 e i 30 milioni di euro»), finora ci sono 5 milioni di euro dal Pnrr tramite il MiC, 5 milioni da Regione Emilia-Romagna, mentre il Comune ne ha già investiti altrettanti per l’oneroso cantiere di sicurezza. 

Un’immagine della messa in sicurezza della Torre Garisenda a Bologna

E i tempi? Il Comune ha formato un Comitato di restauro incaricando alcuni esperti, capitanati dall’ingegnera Raffaela Bruni, ex plenipotenziaria comunale dei settori tecnici: Massimo Majowiecki, che già lavorò alla Torre di Pisa alla fine degli anni ’90; Stefano Podestà dell’Università di Genova, attivo per il sisma in Centro Italia del 2016; Nunziante Squeglia dell’ateneo di Pisa e Francisco Giordano, che si era occupato della Garisenda già nel 1997-2000. Il Comitato sta predisponendo un progetto, probabilmente pronto in estate, preliminare ai lavori veri e propri della probabile durata di un decennio. «Siamo ancora in fase di urgenza, spiega l’ingegnera Bruni, in regime di Protezione civile. Intanto lavoriamo al progetto che è stato sottoposto al MiC, perché ovviamente c’è qui il vincolo pesantissimo della Soprintendenza per le scelte da intraprendere: il nostro intento ora è concentrarci, fino a fine anno, non ancora sul consolidamento bensì sulla messa in sicurezza della torre (per la quale due mesi fa si era anche valutata l’ipotesi di cerchiarla con un esoscheletro-girello alto 30 metri, Ndr). Ancora, infatti, non è possibile operare sotto la Garisenda che presenta grosse criticità, note da tempo e che dobbiamo ridurre facendo come alla Torre di Pisa nel 1997. Solo dopo averla messa in sicurezza possiamo parlare di efficaci interventi per salvarla. La Garisenda non rischia solo a causa del terreno su cui poggia, ma ha gravi problemi di sovrastruttura. Mi spiego: sul basamento di arenaria insistono le 4mila tonnellate di peso della muratura soprastante: peraltro questo carico è sulla parete del lato in pendenza e la sollecitazione è davvero critica tanto che è difficile prevedere la sue capacità di resistenza. Gli esperti, al momento, non hanno escluso un collasso improvviso della torre, ma a nostro avviso resiste anche se nessuno per l’appunto può dire quanto. Il problema è appunto il basamento spesso quasi 3 metri, che non è purtroppo monolitico come appare da fuori: è costituito all’esterno e all’interno da strati di 50 cm di selenite mentre il resto è in “muratura” a sacco composta da ciottoli, selenite, laterizio unito a malta. Quest’ultima con il tempo si è polverizzata e così l’acqua che si infiltra qui l’ha portata via». Insomma, una situazione gravissima. 

Prosegue Bruni: «Dobbiamo approfondire lo stato di fatto e le fondazioni (attraverso un complesso monitoraggio, partito negli anni Novanta e dal 2011 eseguito tramite 78 sensori, con complesso postprocessing dell’Alma Mater e della “So.In.G. Strutture e Ambiente” di Livorno, Ndr) per definire le soglie di sicurezza anche perché non tutti sanno che la torre quotidianamente “respira”. Si muove di alcuni millimetri seguendo il passaggio del sole, movimenti naturali che però dobbiamo ovviamente tenere presenti nel complesso caso». 

L’esperta passa poi alle fasi future dell’intervento: «Dopo la messa in sicurezza, nel 2025 approfondiremo le caratteristiche dei materiali per consolidare il basamento: utilizzeremo gli stessi tralicci-cavalletti in metallo ancorabili sottoterra per una trentina di metri, già utilizzati per la Torre di Pisa e adattabili alla bisogna. Ma non sarà sufficiente: se non daremo maggior resistenza ai materiali che la compongono, allora la torre sarà condannata. Per ora stiamo cercando una cava della stessa selenite del monumento (quella originaria di Bologna è chiusa), ma esperti ritengono che non si potrà iniettarla subito nel basamento perché ciò influirebbe sulla delicatezza dell’insieme. Oltre agli studi il prossimo anno attiveremo il cantiere sperimentale, mentre nel 2026 ci occuperemo delle linee guida del restauro. Prima di quel cantiere abbiamo davanti un paio di anni». Un monumento importantissimo quello della famiglia dei Garisendi, basti pensare alla citazione di Dante nella Divina Commedia: «Qual pare a riguardar la Garisenda sotto il chinato quando un nuvol vada sovr’essa sì ch’ella in contrario penda, tal parve Anteo a me, che stava a bada di vederlo chinare…» (Inferno, canto XXXI). 

Render che mostra come si intende procedere, ricorrendo per la Torre Garisenda agli stessi tralicci utilizzati alla fine degli anni ’90 per la Torre di Pisa

La torre venne costruita nel 1109-10 ed è oggi alta poco meno di 50 metri, si presume almeno una ventina in meno rispetto alle origini: nacque per scopi militari, ma ben presto si inclinò con evidenza. Per questo motivo nel 1351-60 venne «mozzata» (gli esperti odierni hanno anche valutato se non fosse il caso di mozzarla di nuovo, di almeno sei metri, soluzione poi scartata). Nel Quattrocento passò alla Società dei Drappieri e nell’Ottocento ai Ranuzzi, ai Malvezzi Campeggi e, dal 1904, al barone Raimondo Franchetti che la donò al Comune. 

In questi mesi non sono mancati pareri discordanti e polemiche: lo scorso Natale la sottosegretaria alla cultura Lucia Borgonzoni ha accusato il Comune di non essere intervenuto per tempo, ma l’amministrazione locale ha respinto sdegnata ogni attacco del MiC ricordando che da anni è attivo un comitato tecnico scientifico. Tra le tante dichiarazioni comparse sulla stampa ne riportiamo una per tutte, quella di Bruno Zanardi, tra i maggiori restauratori italiani, che ha scritto: «…sempre che le lesioni della Garisenda non derivino da “consolidamenti cementizi invisibili” mal calcolati, ad esempio sovradimensionati, che si sono eseguiti specie nella sua base, si può ricordare un ultrasecolare esempio dell’intelligenza e dell’efficacia delle tecniche storicamente adottate per la conservazione dei monumenti pendenti, quindi in pericolo di crollo, come è la Garisenda. Soluzione indicata nel 1450 da Leon Battista Alberti nel suo De re aedificatoria: “Quando accaderà, forse, che un Colosso, o uno Tempietto con tutta la basa se ne andrà su uno illato [cioè inizierà a pendere]; allhora o tu lo alzerai da quella banda, che egli rovina, o gli leverai di sotto materia da quella banda, che stà più alta”». 

Intanto a Bologna, attraverso il cartellone «Operazione Garisenda. Storie narrate, sognate e vissute», che prosegue fino al 18 dicembre al Museo Civico Medievale, sono organizzate numerose iniziative didattiche e divulgative su Garisenda e Asinelli e sulle altre torri ancora presenti, in tutto 24 delle 100 preesistenti. Servirà un miracolo per evitare collassi improvvisi come quello della Torre civica di Pavia avvenuto il 17 marzo 1989? In sala operatoria i chirurghi stanno facendo del loro meglio, ma il paziente è agonizzante. 

Stefano Luppi, 28 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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