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Il Palazzo di Giustizia, anche noto come Palazzaccio, sede della Corte di Cassazione, a Roma, visto dalla mezzeria di ponte Umberto I

Foto tratta da Wikipedia. © Sergio D’Afflitto CC-BY-SA-3.0

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Archivi d’artista e autenticazioni: il caso Albers

Una recente sentenza della Corte di Cassazione riafferma che non esistono regole assolute, occorre confrontare caso per caso il giudizio di fondazioni specifiche e degli esperti

Dario Jucker

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La Corte di Cassazione (sentenza nr. 7989 del 31 gennaio 2024) ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Milano del 3 novembre 2021, con la quale un gallerista era stato assolto dal reato di contraffazione di un dipinto falsamente attribuito a Josef Albers

La Corte di Appello di Milano aveva anche adombrato l’argomento del potenziale conflitto d’interessi della Fondazione (essendo lo stesso ente certificatore e proprietario delle opere). La Corte aveva concluso che l’esame di attendibilità dell’expertise della Fondazione dovesse, in questo caso, essere più approfondito. La sentenza non introduceva alcuna rilevante novità in materia, essendo pacifico che il parere di autenticità espresso nel procedimento penale dalla parte civile non potesse essere accolto sullo stesso piano di un parere espresso da una terza parte indipendente. Tuttavia per alcuni commentatori tale decisione avrebbe aperto la strada a una diversa valutazione, più severa e restrittiva appunto, del parere degli esperti.

Che cosa dire di quei casi nei quali un’expertise di un archivio d’artista, depositario di una conoscenza approfondita e specialistica, è soggetto a un grado di scrutinio più elevato rispetto al parere espresso da un terzo indipendente, poniamo il caso di uno storico d’arte generalista?

Fermo restando che esiste il principio riconosciuto che nessuno può vantare un diritto di esclusiva in merito alla certificazione di autenticità di un artista, vediamo se la decisione della Corte di Cassazione ha cambiato le regole in gioco. La Suprema Corte ha riconosciuto che la Corte di Appello ha violato il principio del contraddittorio, avendo assunto una decisiva perizia non rispettando le norme poste a tutela della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale e avendo del tutto obliterato le deduzioni della Fondazione Albers, delle quali non era stato dato atto in sentenza. Peraltro, e qui sta uno dei punti fondamentali del caso, se pure è vero che l’expertise della Fondazione che si è anche costituita parte civile deve essere valutata con maggiore rigore, è importante notare che nessun parere a sostegno dell’autenticità dell’opera era stato acquisito nel procedimento. La perizia non aveva infatti a oggetto l’attestazione dell’autenticità dell’opera, ma solamente alcuni elementi che potessero escludere l’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato.

Nei diversi procedimenti che la Fondazione Albers ha avviato in Italia, nessun altro ente ha assunto il ruolo di certificatore di quadri di Albers e l’expertise della Fondazione non è mai stata contestata. In un altro caso all’esame del Tribunale di Torino (sentenza nr. 2712/22 del 1 luglio 2022), il Giudice, dopo avere valutato la necessità di un approfondito vaglio di attendibilità, ha riconosciuto, dopo avere anche attentamente esaminato le modalità con le quali tale parere era stato rilasciato, che il giudizio espresso da Nicholas Fox Weber (direttore della Fondazione che dal 1976 è depositaria del patrimonio artistico di Albers) era «assolutamente attendibile». Il parere contrario, invece, espresso da parte di un teste chiamato dalla difesa è stato ritenuto meno convincente, in quanto fondato su una competenza non esclusiva e dunque meno affidabile. Nel caso di Torino troviamo dunque un punto fermo: non esistono regole astratte alle quali fare riferimento, occorre valutare caso per caso il concreto operato di una fondazione. L’expertise di uno specialista che opera da decenni nel settore è valutata  con diverso peso rispetto al parere estemporaneo di uno storico generalista. Si ritorna dunque alle buone pratiche di autenticazione, al riconoscimento da parte del mercato di un’attività svolta da diversi decenni e all’autorevolezza acquisita a seguito di una comprovata esperienza. Ritengo importante che il sensazionalistico argomento del conflitto di interessi degli archivi d’artista, che ha origine in un caso giurisprudenziale americano relativo alla Andy Warhol Foundation, sia stato opportunamente valutato dal Tribunale di Torino e che l’unica sentenza italiana che lo accoglieva sia stata recentemente annullata dalla Suprema Corte. Tale decisione rafforza dunque il ruolo di quegli archivi di artista che operano da decenni con assoluta serietà nel mercato.

Dario Jucker, 17 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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