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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliÈ nato a Galatina (Lecce) nel 1939, dove ha esordito come apprendista nelle botteghe artigiane. A riconoscerne il talento fu Lucio Fontana, che nel 1962 lo invitò a trasferirsi a Milano, dove tutto ebbe inizio. È cominciata così la lunga carriera di Armando Marrocco, pittore e scultore a cui Spaziobianco dedica la quinta personale.
Visitabile dall’8 febbraio al primo marzo, la mostra «La città immaginaria. I nodi della memoria e i materiali», è curata da Toti Carpentieri e comprende opere dagli anni ’70 a oggi. Lavori di varie dimensioni che dimostrano la capacità di manipolare la materia, il desiderio di realizzare visioni complesse con forme semplici, ispirate ai canoni matematici che esprimono l’armonia del cosmo. Ad esempio «P greco e dintorni» (1970-2018), una scultura in anticordal che celebra la nota costante alla base delle grandi leggi naturali già impiegata nelle architetture egizie e babilonesi.
Nella serie degli «Intrecci» ortogonali Marrocco guarda alla tessitura del tempo e dello spazio, di cui è fatto l’universo, mentre «Le porte del Destino» (1976-80) sono sei strutture ad arco che simboleggiano ciascuna una virtù, dall’amore alla sapienza. Infine «La città immaginaria» (1976) che dà il titolo alla mostra: un'utopia, una grande installazione con imponenti solidi geometrici che rincorre la perfezione, propria soltanto della natura.

«La città immaginaria», del 1976, di Armando Marrocco, l'installazione che dà il titolo alla mostra
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