Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliL’edizione zero della mostra mercato «Arte + collezionismo a Roma» ha dimostrato di avere parecchie frecce nel proprio arco, perché, come ha dichiarato Alessandra Di Castro, vicepresidente dell’Aai (Associazione Antiquari d’Italia), che ha lavorato fianco a fianco con il presidente Bruno Botticelli, «è stata concepita con i piedi per terra».
Pensata unicamente per i soci dell’Aai, ricevendo l’adesione di 46 gallerie antiquarie, la mostra ha esibito materiali di qualità elevata. Ernesto Copetti ha affermato: «È una mostra da Wunderkammer, una sorta di piccola Firenze», facendo riferimento alla Biennale Internazionale dell’Antiquariato che dal 1956 si tiene a Palazzo Corsini sul Lungarno e che d’ora in poi si alternerà con la neonata manifestazione romana.
Nell’umbertino Palazzo Brancaccio dal 29 settembre, giorno dell’inaugurazione, al 2 ottobre, quando hanno continuato ad arrivare collezionisti, soprattutto nazionali, i funzionari dei musei, studiosi e il pubblico di appassionati, si sono registrate 10mila presenze. «Nella prossima edizione romana pensiamo di includere antiquari stranieri che si sono dimostrati interessati», ha dichiarato Alessandra Di Castro.
L’allestimento sobrio e raffinato ha sfruttato al massimo lo spazio, grazie alla collaborazione dell’architetto Roberto Pulitani. Bruno Botticelli, presidente dell’Aai, che con la sua nomina si è dato il compito di attivare una mostra mercato nella capitale, a chiusura della manifestazione crede di avere raggiunto l’obiettivo e ha dichiarato: «È stata chiara la risposta del collezionismo che si trova in Italia, importante e preparato».
«Arte + collezionismo a Roma» ha puntato sull’arte antica, ma molti hanno incluso opere novecentesche, delineando un panorama di offerte effervescente.
Enrico Frascione, per esempio, presentava una tavola con «Ritratto di giovane uomo» realizzato dal cinquecentesco Maso da San Friano, racchiuso in una cornice dorata, ma anche un potente disegno giovanile di Emilio Vedova (1943), dai caratteri astratti. «L’arte tra Cinque e Seicento attira molto i collezionisti, dichiarava Edoardo Frascione, nipote del titolare, ma soprattutto quelli che gravitano intorno alla piazza fiorentina, mentre in questa fiera, che ha un collezionismo più italiano, preferiscono il moderno, infatti abbiamo venduto un disegno di Vedova».
Nello stand di Alessandra Di Castro spiccava una coppia di torri commemorative (1635) in pietra, caratterizzata da iscrizioni in ebraico e stemmi della famiglia Bassan, mentre è stato venduto uno scrigno in legno dorato, intagliato a motivi fitomorfici e due aquile bicipiti (Roma, metà XVIII secolo).
Da Maurizio Nobile sono passati di mano una scultura del contemporaneo catalano Joan Crous e un disegno di Giorgio Morandi. Paolo Antonacci aveva una grande e vivace «Veduta della piazza del Quirinale» (1892) del tedesco Oswald Achenbach sulla strada del Gran Tour. Carlo Virgilio e Stefano Grandesso avevano attentamente diversificato le opere d’arte esposte, tra cui un finissimo marmo di Wildt «Vergine» (1924) e un preromantico «Interno del Colosseo» di François-Marius Granet, andato venduto.
Valerio Turchi, esperto di arte greca e romana, presentava una decina di pezzi tra cui uno straordinario marmo, «Diana Cacciatrice» (II secolo d.C.), passata nella collezione americana dei Fosset. Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella hanno messo al centro dello stand un dipinto di Vincenzo Camuccini incentrato sulla vicenda storica di Publio Orazio Coclite che difende Roma dall’invasione degli Etruschi. «Siamo convinti che l’arte classica stia tornando in voga, per questo proponiamo Vincenzo Camuccini. Da tempo siamo interessati anche alle diverse declinazioni del “classicismo” tra le due guerre, infatti abbiamo portato un olio (1943) di un maestro come Achille Funi e una natura morta di Ugo Celada da Virgilio, intrigante esponente del Realismo magico, ancora oggi da riscoprire».
Roberto Campobasso ha venduto un capezzale e un’acquasantiera, impreziosite dal corallo di Trapani. Tornabuoni a una zona con dipinti moderni, come «Liberté j’écris ton nom» di Fernand Léger (1953), una «Natura morta» (1961) di Giorgio Morandi, opponeva una parete di arte ottocentesca, tra cui una straordinaria tela di Giovanni Fattori, «Carica di cavalleria». Fabrizio Russo ha puntato su Mario Sironi con «Soldato e camion» (1918 ca) e una versione in cera e una in bronzo di «Ecce Puer» di Medardo Rosso. «Sono contento di questa nuova fiera a Roma, affermava il gallerista, la qualità delle opere è frutto di un vetting rigoroso, che dovrebbe avere anche la fiera d’arte contemporanea “Roma Arte in Nuvola”».
Clara Santini di Reve Art, si è interessata all’arte a cavallo tra Otto e Novecento del Veneto, una terra finora piuttosto tralasciata dagli studi sul periodo, invece densa di autori interessanti. A breve presenterà la nuova fondazione, con la collaborazione di esperti, di un Archivio sulle Secessioni. Nello stand aveva organizzato «Venezia ’900. La pittura del rinnovamento», una mostra con artisti come Ettore Beraldini, Vettore Zanetti Zilla e un dipinto tardo simbolista del romano Camillo Innocenti, che si impose nelle prime Biennali veneziane.
Raffaello Pernici, che tratta ceramiche e porcellane della prima metà del Novecento, per il suo esordio romano ha dedicato un notevole spazio alle creazioni di Gio Ponti. Aveva anche le impertinenti cocottine dell’Italia del Ventennio «La piccola italiana» (1935) e «Me ne infischio - La studentessa» (1937) di Elena Scavini, conosciuta anche come «signora Lenci». Pernici ha venduto molti pezzi, tra i più interessanti l’«Andalusa» (1921) di Francesco Nonni, un pezzo unico fuori misura.
Matteo Lampertico ha proposto maestri novecenteschi, vendendo la terracotta di Arturo Martini «Il Bevitore» (1928). Secondo il mercante, «a Milano c’è un collezionismo più strutturato, fatto di una classe molto facoltosa e persone appassionate anche se meno ricche, mentre a Roma c’è l’aristocrazia del collezionismo ma manca il sostrato».
Infine si sono registrate alcune vendite di mobili: Verdini con un comò Luigi XV sempre di ambito romano e Luca e Laura Burzio con una console a goccia del barocchetto romano.
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