Karin Gavassa
Leggi i suoi articoliA partire dai primi anni Cinquanta, la preistoria sarda viene portata all’attenzione della cultura internazionale grazie a due mostre di bronzetti nuragici, allestite all’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e curate da Giovanni Lilliu e Gennaro Pesce, tra gli studiosi più influenti della Sardegna antica. Si tratta di una riscoperta iniziata fin dall’Ottocento grazie a studiosi e viaggiatori, e alle campagne di scavo tardo ottocentesche e di inizio ’900 dell’archeologo Antonio Taramelli fino a quelli di Lilliu, e la scoperta, nel 1951, dell’imponente reggia nuragica di Barumini.
I bronzetti catalizzano l’attenzione del pubblico e della stampa, non solo per la loro importanza storica ma anche per la loro eccellenza estetica con influenze che si estendono fino agli Sessanta e con suggestioni che giungono fino all’epoca contemporanea, contribuendo alla costruzione di una nuova identità regionale.
La mostra «Onda nuragica» (catalogo Allemandi), a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda e Luca Cheri, e allestita dal 2 marzo all’8 luglio nel Padiglione Tavolara di Sassari, edificio in stile Neoliberty tra i più importanti per l’architettura contemporanea in Sardegna, esplora infatti i riflessi del «discorso nuragico» in diversi ambiti della produzione visuale. Organizzata dalla Fondazione Nivola in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale «Giovanni Antonio Sanna», parte del Polo Museale Regionale della Sardegna, e promossa dal Comune di Sassari in collaborazione con la Fondazione di Sardegna e Bibanca,
indaga l’influsso esercitato dalle civiltà nuragica e prenuragica sull’arte e la cultura del ’900 e del contemporaneo in Sardegna, nelle diverse espressioni artistiche, dalla pittura e scultura all’architettura, al design e all’artigianato, dagli audiovisivi fino ai social media e alla cultura di massa, includendo l’oggettistica ideata per il turismo.
Sulla base delle teorie di Lilliu, che sosteneva l’esistenza di una continuità artistica tra il passato nuragico e l’età contemporanea, molti artisti degli anni Cinquanta e Sessanta attingono a forme, temi e iconografie della preistoria sarda: Mauro Manca, Ausonio Tanda, Giovanni Nonnis, Franco d’Aspro e Maria Lai.
Oltre a foto e manoscritti dalla Mostra Etnografica di Roma del 1911 per il Cinquantenario dell’Unità d’Italia, alle due rassegne di Venezia e Roma del 1949-50 fino alla messa in luce nel secondo dopoguerra del sito di Barumini, la mostra vede protagoniste le ceramiche di artisti e artigiani come Federico Melis, Melkiorre Melis, Giuseppe Silecchia, Gavino Tilocca, Aldo Contini fino ai gioielli dell’orafo sassarese Salvatore Puggioni.
Dalla metà degli anni Sessanta il repertorio nuragico e prenuragico diventa inoltre riferimento per una vasta produzione di oggettistica turistica, che rivisita forme e motivi-tipo come la madre mediterranea, il guerriero e l’arciere, tra toni umoristici e grotteschi. Agli anni Ottanta appartiene la serie di tappeti nuragici di Aldo Rossi, in collaborazione con Arp Studio e realizzati da Mariangela Cubadda e le Tessitrici di Zeddiani, rappresentanti figure di guerrieri deformate e caratterizzati dalla decostruzione espressionista dell’architettura.
Nella ceramica mostri primordiali abitano le opere di Pulli, Sciannella, Scassellati, De Gonare, Demurtas per arrivare alla più recente semplificazione formale e ritorno alle fonti storiche del nuragico e del prenuragico, oggi al centro del dibattito culturale in Sardegna. La mostra si chiude con le produzioni degli artisti sardi contemporanei e il richiamo a una Sardegna arcaica e seducente nel video «De Innui Ses»girato a Barumini per una recente sfilata di Antonio Marras.
Altri articoli dell'autore
Una rilettura di Bonomi, Cella, Gilardi, Spoldi e Plumcake dal ’68 ad oggi
L’antico Marchesato nel cuneese, uno dei borghi più belli d’Italia, è la cornice di vari appuntamenti tra antico e contemporaneo. A maggio la 47ma Mostra dell’Antiquariato
Tra Cinquecento e primo Seicento il territorio della provincia alessandrina era punto di convergenza di culture diverse, luogo ove le influenze nordiche si misuravano con quelle provenienti da Firenze e Roma
I video e le opere dell’artista alludono al passaggio tra la vita e la morte