Qualcuno da miart ha sicuramente lanciato verso il rostro di Sotheby’s «languidi sguardi assassini» (è una citazione boettiana) quando Lorenzo Rebecchini, il giovane responsabile della vendita, ha aggiudicato per 171mila euro, diritti compresi, «Scissione verticale n. 5», una storica opera di Carla Accardi datata 1961. Nelle stesse ore in fiera venivano proposti a cifre simili coloratissimi lavori degli anni ’90 quando il segno dell’artista siciliana aveva assunto un tono suadente ma decisamente più manierista. Chi, un po’ stupito, domandava le ragioni di simili richieste, si sentiva rispondere: «Be’, dopo l’antologica romana di Palazzo delle Esposizioni (mostra aperta sino al 9 giugno, Ndr) era necessario aumentare i prezzi». Peccato che il colpaccio tanto atteso non ci sia stato. E il 12 aprile a Milano non si è assistito nemmeno al record per «Integrazione n. 9», caseina su tela di 130x145 cm dipinto da Accardi nel 1958, tra le sue opere più significative proposte all’incanto. Il martello del banditore si è fermato a 317mila euro, cifra non distante da quella del 27 novembre 2018 da Dorotheum a Vienna quando un’altra testimonianza del 1958, «Integrazione ovale» (131x197 cm) aveva totalizzato 296mila euro. In generale la buona qualità della vendita di Sotheby’s non è stata ripagata come sarebbe accaduto in altre fasi del mercato e i 10 milioni di fatturato corrispondono alle prudenziali stime pre asta.
Insieme ad Accardi, ci si attendeva di più anche da un altro big dell’astrazione in gran spolvero come Piero Dorazio. La troppa fretta di realizzare ha giocato brutti scherzi al collezionista che ha scelto di proporre al miglior offerente «Jeux d’Air», prezioso lavoro del 1962 che aveva acquistato l’11 aprile 2018 da Christie’s a Milano per 451mila euro. L’operazione non è andata a buon fine con una minusvalenza di 45mila euro e un prezzo finale di 406mila euro. Leggermente meglio è andata a «Introspezione», reticolo del 1963 con un taglio verticale al centro, venduto per 381 mila euro, il 14% in più rispetto al 3 marzo 2019, quando la medesima opera aveva cambiato proprietario per 334mila euro.
Anche Alighiero Boetti è in fase di assestamento e il periodo di lunga euforia sembra oramai alle spalle, almeno per le opere più commerciali. Così «Segno e Disegno», piccolo ma ricercato arazzo in bianco e nero di 20x30 cm si è imposto per 203mila euro. Tuttavia, il 28 aprile 2015, quando il tifo era alle stelle, un lavoro praticamente identico aveva raggiunto 480mila euro. Per la cronaca, un altro arazzetto di Boetti con il ricamo di «Languidi sguardi assassini» ha chiuso la gara a 57mila euro.
Anche Salvo sembra aver scavallato, con quotazioni che oramai si allontanano dai massimi stratosferici e «Una sera», classico paesaggio di 150x100 cm, è stato battuto per 280mila euro, ottima cifra ma pur sempre distante di almeno 50mila euro rispetto a quanto sarebbe accaduto solo qualche mese fa. Sotheby’s, con poche frecce al suo arco, è stata costretta a enfatizzare l’aggiudicazione di «Concetto spaziale», spilla di Lucio Fontana che in pochi istanti è passata da una richiesta di 30-40mila euro sino a un prezzo finale di 140mila, nuovo top price per un gioiello dell’artista.
Meno male che Lucio c’è: nonostante non brilli più come un tempo (in asta un «Concetto spaziale» con buchi e segni informali è tornato al proprietario iniziale nonostante una valutazione di 400-600mila euro) per centrare il top lot dell’asta è bastato un «Concetto spaziale» della serie «Metalli» passato di mano per 1,4 milioni di euro (la stima massima era di 1,8 milioni). La cifra appare superiore alla «Natura morta» di Giorgio Morandi, che ha dovuto accontentarsi di 1,1 milioni, tra i risultati più bassi degli ultimi due anni.
Quanto ai classici, spicca Giorgio de Chirico che con «La grande ciminiera», un d’après delle Piazze d’Italia, datato 1958-68, ha spuntato 457mila euro, oltre il doppio delle stime, mentre è tornato al proprietario iniziale «Les forestiers», affascinante ed enigmatica composizione di Alberto Savinio proposta a 180-250mila euro. Purtroppo, gli invenduti sono diventati una consuetudine per il maggior artista surrealista italiano, nel 2023 ne ha collezionati ben cinque.
L’ultima sfida dell’asta è stata quella tra Alex Katz e Pierpaolo Calzolari. Dato per super favorito, l’artista americano ha deluso le attese e «Bill», un suo ritratto maschile, è rimasto alla sbarra nonostante una valutazione di 200-300mila euro. In compenso, Calzolari, reduce dalla bella mostra a Villa Paloma di Montecarlo, ha fatto segnare un’ottima aggiudicazione pari a 216mila euro (la stima era di 40-60 mila); andava in scena «Senza titolo», delicata quanto struggente composizione monocroma con sale e petali di rosa. Per il protagonista dell’Arte povera potrebbero esserci sorprese in vista.
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