La Francia ai francesi. Sembra questa la linea sciovinista delle aste parigine che avevano come obiettivo primario quello di rassicurare gli investitori dopo i bruschi cali dei mesi scorsi. Un ritorno all’ordine al ritmo della Marsigliese dove il 18 ottobre, tra Sotheby’s e Christie’s, hanno prevalso gli artisti transalpini accanto ai surrealisti e ai loro figliocci. Nella Ville Lumière ha dominato la prudenza con un collezionismo attento a non commettere passi falsi. Le proposte assai rarefatte con pochi nomi in campo, si sono concentrate essenzialmente sulla vecchia Europa lasciando fuori quasi del tutto gli americani e i velleitarismi pittorici dell’ultima generazione, preda di furiose speculazioni. L’importante era ripartire al piccolo trotto recuperando la fiducia degli investitori che attualmente si trovano di fronte a valori favorevoli, decisamente calmierati.
In asta ha avuto campo largo Jean Dubuffet con ben sei opere ai nastri di partenza di cui la più costosa è «Visiteur au chapeau bleu» del 1955, paesaggio sperimentale e visionario acquistato nella vendita di Sotheby’s per 6,9 milioni di euro con un netto surplus rispetto all’aggiudicazione di 5,5 milioni ottenuta il 4 ottobre 2016 da Christie’s a Londra.
Anche Jean Fautrier sembra si stia risvegliando dal lungo letargo e da Christie’s un suo «Otage» del 1943 ha superato abbondantemente le stime chiudendo la gara a 1,8 milioni di euro. Note positive per Francis Picabia e per il sopravvalutato artista e designer François-Xavier Lalanne che sempre da Christie’s ha raggiunto 1,8 milioni di euro per i suoi «Montoni» in lana e alluminio patinato.
Non poteva mancare nemmeno la celebrazione del Surrealismo nell’anno in cui si festeggia il centenario e Sotheby’s ha totalizzato il 100% di venduto con una piccola asta di 28 lotti che ha fatturato 23 milioni di euro, non certo una cifra da incorniciare, ma sempre meglio dei 17 milioni fatti registrare nel 2023.
Parigi ha rappresentato un test importante anche per l’Italia che si è presentata a ranghi ridotti. Le «Italian Sale» sono ormai un ricordo e il tricolore viene da un lato spezzettato da Sotheby’s e dall’altro inserito da Christie’s nell’asta delle non meglio precisate «Avant-Garde(s)» con la dicitura «Thinking Italian» che, sebbene non sia più un pensiero stupendo come un tempo, rimane pur sempre la miglior occasione per tastare il polso del mercato: «Gli artisti italiani che hanno un solido riscontro internazionale non sono oltre venti», ha affermato Mariolina Bassetti, responsabile per Christie’s del dipartimento di arte moderna e contemporanea. Ma ha peccato di ottimismo. A ben vedere in questa fase sono ancora meno e si contano sulla punta delle dita e non tutti appaiono in buona salute. Dopo il boom del 2015-16 l’Italia ha pagato a caro prezzo la debolezza globale del sistema e la doccia fredda rappresentata dalla Brexit che ha divelto in breve tempo la rete di gallerie italiane che con eccesso di ottimismo avevano aperto a Londra.
A questi elementi va aggiunto un fattore strategico rilevante: aver concesso la delega in bianco alle major straniere che hanno preso in gestione alcuni dei maggiori artisti italiani del dopoguerra, da Piero Manzoni (Hauser & Wirth) a Enrico Castellani (Lévy Gorvy Dayan). Tale strategia, nel lungo periodo, si è rivelata controproducente. Pronti a trarre profitto nella fase toro, le supergallerie hanno chiuso i rubinetti quando era necessario un loro intervento finanziario. Nella vendita di Christie’s un importante «Achrome» di Manzoni di 90x70 cm è stato acquistato da un collezionista americano alla favorevole cifra di 2,9 milioni di euro, rimanendo nel range iniziale. L’aggiudicazione ha confermato il ribasso già reso evidente a giugno da Sotheby’s a Londra costretta a vendere per 3,7 milioni di euro un altro prestigioso «Achrome» di 100x70 cm che solo tre anni prima, sempre da Sotheby’s a New York, si era imposto per 5,4 milioni di euro.
Ma rimane comunque Lucio Fontana l’artista più attivo con un mercato che ha ripreso a macinare malgrado i valori globalmente più contenuti rispetto al 2015. Sebbene sia stato accolto dagli applausi della sala, il «Concetto spaziale, Attese» rosso con quattro tagli disposti irregolarmente su una superficie di 100x81 cm, ha chiuso la gara a 3,7 milioni di euro quando dieci anni fa non avrebbe avuto difficoltà a sfiorare i 5 milioni. Un altro «Concetto spaziale» con i buchi (60x45 cm) invece si è fermato a 441mila euro, al di sotto di quanto era accaduto il 30 giugno 2015 quando da Christie’s a Londra si era imposto per 621mila euro. Per Fontana tuttavia la sorpresa si è avuta da Sotheby’s che nell’asta genericamente intitolata «Modernités» ha venduto due sculture barocche del 1948 in terracotta smaltata e dipinta provenienti dalla collezione di Nelson Rockefeller, a cifre tre volte al di sopra delle previsioni. Intitolate entrambe «Maschera», sono state pagate complessivamente 4,1 milioni di euro a dimostrazione di come il mercato sia attratto dalla sorpresa soprattutto se avvalorata da una provenienza blasonata.
Quanto a Enrico Castellani, è stata cocente la delusione per «Dittico nero-argento», una rara quanto emblematica testimonianza del 1964 con le estroflessioni disposte su due differenti superfici. Era evidente che avrebbe dovuto superare il milione di euro e invece si è fermata a 504mila. Non ha soddisfatto completamente le attese nemmeno «Insegna 7E-8E», un dipinto realizzato da Mario Schifano nel 1961 che misura 110,5x150,5 cm dove la monocromia è solo un pretesto per mettere in crisi la pittura e i numeri non fanno altro che produrre un enigma concettuale. L’acquirente ha realizzato un ottimo affare spendendo 661mila euro, molto meno delle aspettative che lo proiettavano a 800mila euro. In compenso, «Sfera con sfera» di Arnaldo Pomodoro è salita sino a 480mila euro, il doppio delle previsioni minime. Per Alighiero Boetti invece non c’è più l’eccitazione di due anni fa, ma i listini tengono e da Sotheby’s una «Mappa» del 1983-84 (114,3x168,9 cm) ha fatto fermare il martello del banditore a 1,9 milioni di euro, mentre da Christie’s «Aerei», composizione di quasi tre metri con un soggetto piuttosto raro, si è imposta per 945mila euro pur meritando di più. Sul fronte della pittura, il rinnovato interesse nei confronti del Surrealismo potrebbe favorire Giorgio de Chirico molto apprezzato dai francesi e da Christie’s il dipinto «Piazza d’Italia con fontana» del 1938 (sulla tela compare l’ingannevole 1917, scritta di pugno dal pictor optimus che sulle date ha combinato non pochi guai) si è imposto per 630mila euro superando le valutazioni attestate a 300-500mila euro. Non è altrettanto soddisfacente l’andamento di Domenico Gnoli che fatica a recuperare la posizione conquistata all’inizio del decennio e «La robe rouge», un abito attillato da cui s’intravedono pingui forme femminili, ha dovuto accontentarsi di un’aggiudicazione pari a 1 milione di euro, circa il doppio di quindici anni fa quando da Christie’s a Londra aveva totalizzato 492mila euro.
Anche sul fronte dell’Arte Povera, si poteva prevedere una maggior partecipazione tenendo conto della concomitanza con la mostra alla Bourse de Commerce. Ma così non è stato e un significativo quadro specchiante di Michelangelo Pistoletto, «Marcel Duchamp seduto su un Brancusi» del 1973, finito chissà perché nell’asta del Surrealismo di Sotheby’s, ha dovuto accontentarsi di chiudere la competizione a 480mila euro. E da Christie’s «Pelle di grafite-riflesso di enargite», un intenso lavoro di Giuseppe Penone di 150x200 cm è stato aggiudicato per 164mila euro, sicuramente meno di quanto avrebbe chiesto Gagosian, la sua galleria. Da Parigi insomma si riparte. Ma l’euforia per ora è solo nei proclami trionfali delle case d’asta.
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