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Un progetto in evoluzione, tra filosofia, AI e arte pubblica, che parte da Milano ma punta a espandersi
- Riccardo Deni
- 20 maggio 2025
- 00’minuti di lettura


Installation view, Skygolpe, Blackout (2025)
Blackout a Milano: arte pubblica per un tempo incerto
Un progetto in evoluzione, tra filosofia, AI e arte pubblica, che parte da Milano ma punta a espandersi
- Riccardo Deni
- 20 maggio 2025
- 00’minuti di lettura
Riccardo Deni
Leggi i suoi articoli«Blackout» è un’installazione pubblica che dal 19 maggio all'1 giugno 2025 trasforma il tessuto urbano milanese in un cortocircuito visivo e filosofico. Utilizzando i canali dell’advertising urbano (maxi billboard), Skygolpe (pseudonimo di Mattia Sommovigo) dissemina per la città visioni generate da intelligenze artificiali e slogan enigmatici come “INGOIA IL PROGRESSO”, “LE MACCHINE SONO FEDELI”, “IL FUTURO È GENERATO”. Per 14 giorni, i sei maxi billboard sono dislocati in punti strategici di Milano, tracciando un itinerario che collega Via G. B. Grassi, Piazzale Istria 2, Via Rogoredo, Viale Sarca (fronte C.C. Sarca), Via Bodio e Via Canonica.
Il progetto intende mettere in discussione il rapporto tra tecnologia, identità e immaginario collettivo, restituendo una riflessione critica sull’ambivalenza del progresso. Le frasi – brevi, evocative, ambigue – sono concepite per insinuare dubbio e stimolare pensiero, seguendo una logica maieutica che rovescia l’interrogazione socratica: non più la domanda, ma l’affermazione genera il dubbio. Sul piano artistico, l’intervento si collega alle più radicali sperimentazioni artistiche del secondo Novecento e a figure come Jenny Holzer, Barbara Kruger e Lawrence Weiner. Come nei loro lavori, il linguaggio è nel progetto di Skygolpe un elemento visivo e critico, privo di un significato univoco.
Milano, capitale della comunicazione visiva italiana, è la prima tappa di un intervento destinato a espandersi in altri centri urbani in Italia e all’estero. L’opera nasce dalla co-creazione tra Skygolpe e un’intelligenza artificiale autonoma, che ha generato immagini ibride ed enigmatiche e testi destinati a convivere nello spazio pubblico. Un atto che interroga la natura dell’autorialità e della creatività nell’era dell’automazione, dove il confine tra produzione umana e artificiale si fa volutamente ambiguo. In questo senso diventa emblematica la frase “ARTE SENZA ARTISTI”, tra le varie protagoniste del progetto.