Nato a Milano (nel 1991) ma felicemente radicato nella campagna di Campogalliano, nel Modenese, nei paesaggi di terra e d’acqua creati dal fiume Secchia, Luca Boffi (una laurea in Design al Politecnico di Milano, sino a poco tempo conosciuto come Alberonero) si definisce «artista e contadino». I suoi lavori, infatti, sono letteralmente impastati della terra e del limo che raccoglie nelle molte camminate nei campi e sono intessuti dei fiori campestri, delle spighe, dei semi, offerti da quella campagna fertile, modellata dall’uomo da tempi lontanissimi, dove lui ama vivere. L’attaccamento al genius loci e al paesaggio di quella terra gli ha suggerito opere brumose e toccanti, che gli hanno guadagnato numerosi riconoscimenti e presenze in importanti istituzioni italiane e internazionali. Ora, fino al 21 febbraio, un corpus di suoi lavori inediti, nuovi anche nella tecnica, e due installazioni rivisitate per questo spazio sono presentati dalla Galleria Fumagalli, nella sua prima personale a Milano, intitolata «Fuori come fiori». Sono opere polimateriche (e multisensoriali, poiché coinvolgono anche l’olfatto), realizzate con un procedimento complesso. Ognuna è infatti composta con uno dei tanti materiali naturali, sempre diversi e sempre «minimi», che l’artista raccoglie nella campagna intorno alla sua casa: miglio bianco, fiori di cardo, panìco infestante, lunghe foglie di mais, bacche di viburno, fiori di carota (i prediletti, perché di forma stellare, come fossero piccoli soli) ma anche terra, limo depositato dal Secchia dopo una piena, carbone, perfino letame.
Posti sulle tavole di legno (tutte della stessa dimensione: 142x102 cm), questi «letti» di materia sono trattenute da una rete sottilissima e quasi invisibile sulla quale Boffi stampa le fotografie che scatta al piatto paesaggio orizzontale intorno a lui: tramonti o aurore, in prevalenza, che tuttavia si riconoscono solo osservando le opere con uno sguardo radente, laterale, poiché la visione fontale rivela solo degli «orizzonti» di colore diverso. Sullo spessore della cornice, poi, corrono i titoli. Con queste, nello spazio maggiore della galleria, sono allestite due installazioni in cui la natura ha avuto un ruolo primario, non controllabile dall’artista: lui si è limitato a stendere tra gli alberi una rete anti uccelli in un caso, e una rete per piante rampicanti nell’altro (qui ha aggiunto un intervento con brandelli di tulle) e ha lasciato fare alla natura, che li ha intessuti di fiori di pioppo, di foglie accartocciate, di resina, dei depositi dell’alluvione, e ha creato delle «trine» tanto rustiche quanto poetiche. Nella sala d’ingresso, invece, c’è il «trittico» di lavori fotografici sull’opera site-specific da lui realizzata, con la galleria, a Giza, al cospetto delle piramidi, nell’edizione 2024 della manifestazione internazionale «Forever is Now». Con un video, che lo racconta nelle sue giornate trascorse nei campi o nel folto degli alberi.