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In un 2024 da dimenticare, il salvagente è arrivato dalle «private sale». Mentre le aste hanno rischiato il naufragio, le trattative private sono apparse sfavillanti. Al tempo del covid non c’erano alternative. Ora ci sono, eccome. Eppure crescono sempre più coloro che privilegiano la placida sicurezza delle vendite segrete al brivido delle aste pubbliche dove regna l’incertezza (a dire il vero, per le opere top scatta la clausola di salvaguardia rappresentata dalla garanzia). I risultati delle private sale appaiono inversamente proporzionali a quelli degli incanti: Christie’s ha chiuso il 2024 limitando i danni con una riduzione del fatturato globale pari al 6% solo grazie al fatto che le vendite riservate sono cresciute del 39% passando da 1,1 a 1,5 miliardi di dollari dando un contributo del 26% al fatturato globale. Anche il flop di Sotheby’s è stato ridimensionato e se le aste hanno perso il 28%, il giro d’affari ha fatto segnare una contrazione del 23% dal momento che le private sale sono salite del 17% chiudendo l’anno a 1,4 miliardi di dollari.
Un vero boom per un settore esploso in una fase di progressiva incertezza economica e politica destinata a proseguire anche nel 2025 tenendo conto dell’uragano Trump che quotidianamente destabilizza il sistema con perle d’incoscienza che turbano i collezionisti di fronte a vendite pubbliche che nell’ultimo anno hanno dato spesso risultati inferiori alle previsioni costringendo i venditori ad accontentarsi delle stime minime. Tanto vale allora prendere la strada alternativa dove si ha la sicurezza di agire indisturbati evitando brutte sorprese con la possibilità di chiudere l’affare entro sessanta giorni: «Le private sale hanno il grande vantaggio di non bruciare il proprio patrimonio. Se l’opera non dovesse essere venduta nessuno lo viene a sapere e il suo valore rimane integro», afferma Adrien Meyer, responsabile del dipartimento per Christie’s che può contare su 500 persone tra consulenti, esperti e collaboratori. Una task force sempre più agguerrita che ha l’obiettivo di mettere in contatto domanda e offerta ai massimi livelli (per accedere alle stanze segrete si parte dai 100mila euro ma fanno gola soprattutto le opere milionarie) intrecciando segreti e passioni, affari e riservatezza. In questo contesto esclusivo si svolgono operazioni difficilmente gestibili in asta, come conferma l’opera italiana di Jean-Michel Basquiat venduta da Sotheby’s a 17 milioni di dollari a un compratore inglese o un Gerhard Richter finito sempre a un suddito di Sua Maestà per 6,8 milioni di dollari proveniente da un italiano residente all’estero.
Le strade delle private sale sono infinite e talvolta il mistero è così fitto che le operazioni vengono tenute nascoste anche ai colleghi più prossimi. Non si chiamerebbero altrimenti «confidential agreements» (accordi confidenziali). E nell’altra metà del cielo, quella senza incanti, avvengono episodi sorprendenti e assai poco noti. Quando Alberto Burri era in auge, per esempio, il record non è stato realizzato al martello, bensì in trattativa privata. Lo confessa a distanza di anni Mariolina Bassetti, responsabile dell’arte contemporanea per l’Europa continentale di Christie’s: «Ho venduto a 14,5 milioni di euro un “Grande Sacco” a un collezionista romano e, guarda caso, l’opera proveniva da un’importante famiglia che risiede nella capitale. Ma ho gestito in maniera riservata anche un’opera di Fontana che si è imposta per 7,5 milioni di euro».
La formula che oggi va tanto di moda, sino a una decina d’anni fa non veniva nemmeno menzionata dalle major, che per evitare ogni forma di conflitto d’interesse volevano mettere in evidenza solo le aste nascondendo con una mano quello che facevano con l’altra. Dopo la pandemia tutto è cambiato e le case d’asta sono uscite allo scoperto a costo di mettersi in diretta concorrenza con i mercanti. Ma a quanto pare è un pirandelliano gioco delle parti e dietro ai mugugni di facciata c’è una sotterranea collaborazione: «I galleristi sono spesso i primi a utilizzare il nostro servizio», spiega Claudia Dwek, responsabile europea per Sotheby’s dell’arte contemporanea. «Lo fanno sia quando hanno un cliente alla ricerca di un’opera che non sono in grado di reperire sia quando viceversa hanno il compratore ma non il capolavoro giusto». Incrociare i dati con una super mailing list è la specialità delle major che possono contare su un servizio globale sfruttando al meglio le sinergie. Proprio Sotheby’s ha ben dieci sedi nelle quali propone opere in trattativa privata. Si spazia da New York a Dubai, da Palm Beach a Milano.
Le condizioni poi appaiono più convenienti rispetto agli onerosi diritti d’asta e sono generalmente a carico del compratore. Il tutto però è soggetto ad accordi privatissimi che dipendono sostanzialmente dal bene che viene portato in dote. Fatta eccezione per le opere milionarie di cui non c’è traccia online (da Sotheby’s il 20% del fatturato è rappresentato da quelle opere che superano i 20 milioni di dollari), tutto il resto lo si può trovare sul sito sotto la voce private sale dove spiccano le «selling exhibitions», ovvero rassegne monografiche o collettive spesso realizzate con criteri curatoriali: da Christie’s a Parigi, in coincidenza con la mostra sull’Arte Povera alla Fondazione Pinault, è stata presentata una collettiva sulle vicende dell’arte italiana del dopoguerra, mentre dal 15 marzo una preziosa rassegna sulla pittura senese del Quattrocento e Cinquecento è allestita a New York per poi trasferirsi a Londra e Parigi.
Quanto a Sotheby’s, il 2024 è stato animato da una grande mostra di arte contemporanea a Londra e Parigi con opere di Picasso, Warhol e De Kooning. Sempre sul sito poi c’è una ricca sezione dedicata alle opere disponibili in tutti i comparti commerciali. I prezzi non sono pubblicati ma per conoscerli è possibile mettersi in contatto con il dipartimento. Mentre scriviamo, da Christie’s sono in vendita 198 opere. Non tutte recentissime. Nella sezione d’arte contemporanea compare ancora «La Direzione del Vento», il dipinto di Mario Schifano datato 1965 che in ottobre simboleggiava la mostra sull’arte italiana. Anche da Sotheby’s si trova qualche vecchia conoscenza e nell’ambito dell’arte impressionista e moderna fa la sua comparsa «Valse», una composizione cubista di Georges Braque che il 23 aprile era rimasta invenduta nell’asta di Sotheby’s a Parigi per 200-300mila euro.
Ora si tenta un altro giro di giostra. Ma il vorticoso mondo delle private sale coinvolge musei e istituzioni pubbliche, tutti alla ricerca della pietra filosofale: Sotheby’s ha venduto al Getty Museum di Malibù il «Busto di Paolo V» scolpito da Gian Lorenzo Bernini, e una straordinaria Bibbia ebraica del XIII secolo al Metropolitan Museum di New York. Christie’s invece, oltre ad aver seguito per la National Gallery di Londra la transazione di un dipinto di Lawrence Alma-Tadema, ha risolto una serie di problemi successori assicurando alla Walker Art Gallery di Liverpool due opere firmate da Claude Monet e Edgar Degas. Da Christie’s tuttavia i cinque artisti più gettonati delle private sono Yayoi Kusama, Andy Warhol, Pablo Picasso, George Condo e Jean-Michel Basquiat. Solo sedicesimo Lucio Fontana, il primo tra gli italiani.
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