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Riccardo Deni
Leggi i suoi articoliIn occasione del decimo anniversario della sua prima presentazione presso l'Australian Centre for the Moving Image di Melbourne nel dicembre del 2015 Manifesto di Julian Rosefeldt viene presentata come video installazione appositamente ridisegnata per gli spazi di XNL Piacenza Arte. L’opera, una video-installazione a 13 canali, è un potente omaggio alla pratica dei manifesti artistici del Novecento: testi programmatici e assertivi con cui gli artisti dichiaravano la rottura col passato, delineando – con parole incisive e poetiche – una nuova visione dell’arte, specchio di un mondo in trasformazione. L’artista e filmaker tedesco Julian Rosefeldt (Monaco, 1965), residente a Berlino, ha concepito Manifesto nel 2015 come una serie di tredici cortometraggi, ciascuno ambientato in un contesto diverso. Tutti, a eccezione del prologo, sono interpretati magistralmente dall’attrice australiana due volte Premio Oscar, Cate Blanchett. Blanchett dà vita a tredici personaggi che declamano testi composti da collage di manifesti appartenenti ad altrettanti movimenti artistici.
L’opera si fonda sia su una raffinata costruzione visiva – con l’uso frequente di riprese aeree, cifra stilistica dell’artista – sia su un profondo lavoro di ricerca storica sui luoghi e sui testi. I testi recitati sono infatti tratti da oltre cinquanta manifesti del primo e del secondo Novecento, appartenenti a movimenti delle arti visive, della danza, dell’architettura, della letteratura e del cinema. L’incipit del prologo, invece, è una frase presa dal Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels del 1848 (“All that is solid melts into air”), che sottolinea la comune matrice rivoluzionaria delle dichiarazioni di poetica che seguiranno. Continua poi con le parole tratte dal Draft Manifesto del John Reed Club di New York del 1932, ovvero una bozza preparata per la conferenza del John Reed Club degli Stati Uniti, che si riunirà a Chicago il 30 maggio dello stesso anno. Il rapporto tra narrazione visiva, testo del manifesto e luogo delle riprese varia in ciascun episodio, invitando il pubblico a esplorare ogni volta un’interazione diversa e riflette la multidisciplinare formazione dell’artista tra architettura, arti visive e cinema. L’installazione, nel suo complesso, pone domande piuttosto che offrire risposte, rifiutando – come già facevano i manifesti stessi – ogni posizione dogmatica. I testi scelti da Rosefeldt, spesso scritti da giovani autori animati da fervore e rottura, invocano “disordine pieno di vitalità”, “rude energia” e l’abolizione del passato, proiettandosi nel cuore del presente. Ma come risuonano oggi queste parole, se accostate alla quotidianità di una senzatetto, una casalinga, una lavoratrice, una cantante punk o un’insegnante? L’artista, sensibile ai temi sociali e politici, ha definito Manifesto una sorta di call to action, una chiamata all’azione, un atto di fiducia riposto nella possibilità di cambiare il mondo, invertirne le regole, con la forza di una parola condivisa. L’allestimento della mostra propone una fruizione individuale di ciascuna proiezione, ma permette anche di cogliere, nei momenti in cui immagini, suoni e voci si allineano, la forza corale dell’opera.