Image

I pantaloncini Everlast indossati nel 1975 da Muhammed Ali durante il terzo ed ultimo incontro di pugilato con Joe Frazier, passato alla storia come «Thrilla in Manila»

Image

I pantaloncini Everlast indossati nel 1975 da Muhammed Ali durante il terzo ed ultimo incontro di pugilato con Joe Frazier, passato alla storia come «Thrilla in Manila»

Chi era l’intruso all’asta «The One» di Sotheby’s?

Solo 12 lotti, ma molto diversi tra loro, hanno caratterizzato la vendita newyorkese in cui i pantaloncini di Muhammed Ali hanno incassato ben 1,2 milioni di dollari

Gianfranco Fina

Leggi i suoi articoli

Talvolta i titoli che Sotheby’s usa per le proprie aste sono curiosi o criptici. Ad esempio, la vendita del 7 febbraio a New York intitolata «The One» era illustrata da un pantaloncino sportivo bianco con una riga nera. I più attenti hanno forse identificato «quei» pantaloncini come tipici del mondo della boxe e legato il titolo dell’asta a colui che è considerato il massimo campione di tutti i tempi: Muhammed Ali, alias Cassius Marcellus Clay Jr.

Esatto, è proprio così, quindi si poteva ipotizzare che l’asta di soli 12 oggetti fosse dedicata allo sport in generale e ad oggetti iconici di grandi campioni del passato. A conferma di questa ipotesi erano proposte in vendita anche le scarpette usate in una partita in cui si lesionò il tendine d’Achille, nel 2013, il celebre cestista statunitense Kobe Briant, poi morto tragicamente nel 2020.

Per la cronaca, i pantaloncini di cui non era indicato il prezzo di riserva sono stati venduti a 1,2 milioni di dollari, mentre le scarpette a 660mila dollari (stima 600-800mila dollari); naturalmente entrambi i lotti erano corredati dal relativo certificato di autenticità. Fino a qui tutto bene, non esprimiamo alcun commento né sugli indumenti in sé né sul risultato economico.

Quello che ci domandiamo è che cosa c’entrino con queste opere un grande vassoio in vermeil eseguito a Londra da Benjamin Smith nel 1807, stimato 180-220mila dollari, ma non venduto, e una coppia di raffinati «meubles d’appui» (credenzine), con pannelli in lacca giapponese ed applicazioni in bronzo dorato, eseguite dall’ebanista Joseph Bauhauer a Parigi nel 1765 circa, stimate 300mila-500mila dollari, non vendute, presenti nella stessa vendita.

E perché invece è stata venduta a 180mila dollari una testa di Ganimede (o forse di Paride oppure di Attis) in marmo opera romana del I secolo d.C. (stima 150mila-200mila dollari) e un pot-pourri composto da un vaso in porcellana di Cina color turchese, montato in ormolu a Parigi nel 1760 circa da Nicolas Vassoult, venduto a 360mila dollari contro una stima di 300mila-500mila dollari?

Chi è l’intruso?

Gianfranco Fina, 12 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Sono quasi tutti di origine italiana i lotti che hanno fruttato 2.780.000 dollari all’asta «Master Sculpture & Works of Art»

La prima asta d’arte decorativa dell’anno da Christie’s New York ha incassato 6.630.000 dollari raggiungendo pienamente la stima minima nonostante due pregevoli invenduti

Preziosi manufatti, dipinti d’arte antica di grandi autori, argenti e mobilio di prim’ordine per due ricche aste newyorkesi che raccontano le scelte raffinate di due grandi collezionisti

Tra smalti limosini, cristalli di rocca, argenti, maioliche, vetri veneziani del Cinquecento e vasi cinesi, la vendita parigina era ricca di oggetti di prima qualità 

Chi era l’intruso all’asta «The One» di Sotheby’s? | Gianfranco Fina

Chi era l’intruso all’asta «The One» di Sotheby’s? | Gianfranco Fina