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Michela Moro
Leggi i suoi articoliIl sito internet della Galleria Christian Stein ben la rappresenta: senza fronzoli, chiaro e con informazioni essenziali. Far parte del mondo Stein è appartenere a un universo esoterico e rarefatto, che comunica al minimo per scelta del gallerista Gianfranco Benedetti e per la storia della galleria. Anche sulla fondatrice Christian Stein le informazioni online scarseggiano, si sa solo che la galleria è nata nel 1966 a Torino e che la signora Stein, che preferì il nome del marito al suo, è scomparsa nel 2003.
Chi se la ricorda verso la fine degli anni ’90 racconta di una donna fragile, che dava sempre l’impressione di essere vista da lontano. Invece era sicuramente forte, appassionata e dalla «tenace concezione etico-professionale che rinunciando ad aderire alle oscillazioni volubili del mercato e delle mode, ha saputo tenere d’occhio il rapporto con gli artisti e la storia alla quale ha partecipato, accompagnando, sostenendo e amando l’opera di una generazione di artisti formatasi in Italia e dal respiro internazionale», scrive Bruno Corà nel testo del catalogo «Collezione Christian Stein. Una storia dell’arte italiana» edito nel 2010 in occasione della doppia mostra tenutasi presso l’Ivam di Valencia e il Museo Cantonale d’Arte di Lugano. Fin dagli esordi la galleria lavora con artisti che rappresentano l’arte italiana: Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Francesco Lo Savio, Piero Manzoni, Mario Merz, Aldo Mondino, Giulio Paolini e Mario Schifano. A questi si aggiungono nel tempo Anselmo, Zorio, Penone, Parmiggiani, Uncini e i più giovani Domenico Bianchi e Remo Salvadori.
Gianfranco Benedetti regge le sorti della galleria dal 1985, avendo iniziato a collaborare nel 1972. Lo spazio espositivo è recentemente raddoppiato: oltre alla galleria di corso Monforte, accanto allo studio di Lucio Fontana, da un paio d’anni le mostre occupano la galleria-museo con quattro capannoni nella zona di Pero.
Perché avete scelto una sede decentrata?
Avevamo già questi spazi e li usavamo poco. In tempi non sospetti Calzolari aveva espresso il desiderio di fare lì la sua personale. Con L’Expo, le nuove strade, la vicinanza agli aeroporti è diventato un luogo perfetto.
Negli ultimi sei mesi la galleria ha dedicato una mostra a Luciano Fabro (1936-2007).
La mostra raccoglie quasi tutte le opere più importanti della sua carriera, inclusa la ricostruzione della mostra realizzata nel ’75 a Torino. Ci sono pezzi importantissimi, le sue «Italie» più conosciute, i «Piedi», gli «Attaccapanni» e anche opere come «Lo Spirato» che lui non prestava nemmeno ai musei e ora è esposto da noi. Siamo riusciti a recuperare tutte le opere presenti nella prima mostra del ’64 alla Galleria Vismara. Come per le precedenti dedicate ad Alighiero Boetti e a Jannis Kounellis, anche in questa occasione abbiamo realizzato una mostra museale. Vengono tantissimi giovani, del resto Fabro insegnava a Brera e molti suoi ex allievi sono tornati più volte.
Quali sono i progetti futuri?
A seguire ci sarà Paladino, a novembre faremo una piccola celebrazione per il cinquantesimo anniversario della galleria, che ha aperto nel 1966. Sarà la volta di Giulio Paolini, era il prediletto della signora Stein ed è stato felice della proposta.
Fate due mostre l’anno, online si trovano poche informazioni e poche foto delle opere, siete quasi una società segreta, come mai?
Credo sia quasi un incentivo, le nostre sono mostre di grande respiro, museali, e vale la pena vederle dal vero e non online; mi piace che la gente si muova, faccia un piccolo sforzo; inoltre per comprare le opere bisogna vederle.
Lavora ancora con gli stessi artisti con i quali la galleria ha iniziato, è una rarità in un mondo dove tutto è fluido, anche i rapporti artista-gallerista.
Siamo fedeli, il nucleo è sempre lo stesso. Del resto questa generazione di artisti ha cambiato il linguaggio dell’arte in maniera radicale e sono ancora sulla cresta dell’onda. Sì, credo siano la fiducia, il rispetto e la stima.
Guardate alle generazioni più giovani?
Certo, l’abbiamo fatto, oltre a Salvadori e Bianchi lavoriamo con Marco Bagnoli, Paolo Canevari, Peter Wüethrich, Bernard Frize, Christopher Wool, Josh Smith e abbiamo in programma una mostra di Jeff Elrod. In realtà non ho tempo per seguire i giovanissimi e mi concentro sugli artisti con i quali ho maggiori affinità, oltre che corrispondenza generazionale.
Tra i moltissimi insegnamenti della signora Stein qual è quello che oggi ancora utilizza?
Sicuramente quello di saper installare le opere nello spazio.
Non ha mai desiderato sostituire col suo il nome della galleria?
Mi piace rendere omaggio alla signora Stein, del resto lavoro qui dal 1972, ci sono abituato. Poi Christian Stein suona meglio, non trova?
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