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Georges Senga, «Décalquer», Torino, Accademia Albertina

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Georges Senga, «Décalquer», Torino, Accademia Albertina

Cinque sguardi sulla contemporaneità all’Accademia Albertina

Gli scatti di George Senga, Gregory Halpern, Lisa Barnard, Valeria Cherchi e Silvia Rosi sono protagonisti al quartier generale della seconda edizione di Exposed

Un’Accademia Albertina (Torino) in forma di quartier generale, con mostre, incontri, talk e letture di portfolio. Una sede imprescindibile per il pubblico di Exposed. Insieme alle mostre, sarà una rivelazione la struttura storica di questo edificio, le cui origini risalgono alla prima metà del Seicento con l’Università dei Pittori, Scultori e Architetti, che diventò nel 1652 Compagnia di San Luca e che assunse l’appellativo di Accademia nel 1678, quando Maria Giovanna di Savoia-Nemours, vedova di Carlo Emanuele II, fondò l’Accademia dei Pittori, Scultori e Architetti, ispirandosi al modello dell’Académie Royale di Parigi. Nel 1833 la rifondazione da parte di Carlo Alberto, con l’assegnazione alla Regia Accademia Albertina della sede nell’edificio attuale e della Pinacoteca, dove sono custoditi anche i preziosi cartoni di Gaudenzio Ferrari. 

Cinque gli artisti qui ospitati per Exposed dal 16 aprile (e fino al 2 giugno). George Senga racconta una storia incredibile, un manifesto sul tema dell’estrattivismo postcoloniale, emanazione di quel capitalismo terminale che attua metodi di dominio e sfruttamento ciechi e furiosi sull’ambiente e sull’umanità. Di fronte ai suoi incantati e colorati ritratti, si scopre la storia di una miniera in Congo, Sodimico-Société de développement industriel et minier du Congo, appartenuta dal 1972 al 1983 a una società mineraria giapponese che si era insediata nella zona di Kasumbalesa. Alle centinaia di lavoratori giapponesi trasportati dal Giappone era stato proibito qualsiasi contatto con gli abitanti autoctoni e quando la società se ne andò via dall’Africa, ai bambini comunque nati da relazioni clandestine fu fatta una massiccia campagna vaccinale avvelenata. Pochi di loro sopravvissero: quegli adulti che ora Senga ci mostra nei ritratti di «Décalquer», in abiti di foggia orientale, ma realizzati con tessuti africani. 

Il lavoro di Gregory Halpern, uno dei fotografi dell’Agenzia Magnum, è quanto mai attuale nella sua indagine sul significato profondo «dell’americanità», cioè di quel senso di appartenenza a uno spirito statunitense pieno di contraddizioni tra passato e futuro, mito e realtà. Da quindici anni il fotografo ha scelto la cittadina di Omaha nel Nebraska per un’indagine in qualche modo sociologica e antropologica, sfociata in «Omaha Sketchbook», una raccolta di sguardi fotografici contenuta sulle pagine di un vero e proprio quaderno-diario della comunità. Nel cuore rurale degli Stati Uniti Halpern ha incontrato le leggende dei pionieri, il sogno americano esploso in un disincanto alienante, con un «marchio di ipermascolinità», come lui stesso lo definisce, che condanna le relazioni umane a un immobilismo anche emotivo. 

Lisa Barnard, invece, così descrive il suo progetto: «“Running Fast- Senses Off” è un assemblaggio di elementi tratti da tre miei diversi lavori realizzati in California: “Whiplash Transition” e “Virtual Iraq” esaminano entrambi la relazione tra piloti di droni, insieme agli effetti militari e disumanizzanti dei loro schermi, mentre “Yolo” indaga le connessioni tra i pipistrelli, l’ecolocalizzazione, i nostri sensi, il cambiamento climatico e la realtà dei veicoli autonomi». Barnard si rifà anche alle teorie sull’IA di Joanna Zylinska, secondo cui la coscienza umana è ora modellata da quei media che la società stessa ha creato, in un corto circuito dove le persone sono state trasformate dalle tecnologie percettive ed espressive ormai onnipresenti nel nostro quotidiano non solo materiale. 

Ancora ospiti dell’Accademia, poi, due artiste italiane, Valeria Cherchi e Silvia Rosi. La prima, indicata nel 2018 nel «Ones to Watch» dal «British Journal of Photography» come uno dei sedici migliori talenti emergenti a livello globale attraverso media e documenti diversi, presenta una riflessione su un tema poco noto, quello della violenza sulle donne in ambito ginecologico e ostetrico. La sua esperienza personale, cioè la perdita della sorella gemella di sei mesi, è iconica del progetto «REbirth ». La giovane Rosi, infine, riflette sull’identità e sulla rappresentazione delle seconde generazioni della diaspora africana italiana, anche lei partendo da uno sguardo biografico legato alle sue origini italo-togolesi. Negli autoritratti di «Disintegrata» mescola immagini e parole, focus su dettagli, come i pattern dei tessuti africani, per dar voce a tante storie che compongono una narrazione personale e collettiva.

Lisa Barnard, «Running fast- Senses off», Torino, Accademia Albertina

Silvia Rosi, «Disintegrata. Bici», Torino, Accademia Albertina

Olga Gambari, 11 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Cinque sguardi sulla contemporaneità all’Accademia Albertina | Olga Gambari

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