Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Brendan Sainsbury
Leggi i suoi articoliSarà anche grande solo un decimo di Anchorage per numero di abitanti e completamente scollegata dalla rete stradale principale del Nord America, ma la capitale dello Stato dell’Alaska, Juneau, sta vivendo un rinascimento artistico guidato dai suoi tre principali gruppi indigeni: Haida, Tlingit e Tsimshian.
La maggior parte dei visitatori della città arriva con le navi da crociera prima di partire per i tour dei ghiacciai o per visitare i santuari degli orsi, ma in primo piano c’è, probabilmente, la maggiore attrazione della città, l’arte dei nativi dell’Alaska. Sebbene l’arte nella costa nord-occidentale sia stata praticata per migliaia di anni, alcuni recenti progetti, tra cui l’apertura di una nuova sala presso l’American Museum of Natural History di New York nel maggio 2022, hanno contribuito ad accrescerne il rilievo anche fuori dal territorio d’origine.
«Dopo decenni di soppressione dell’arte nativa da parte dei missionari, le organizzazioni e le tribù native hanno iniziato il difficile percorso di recupero della loro produzione artistica», afferma Rosita Worl, presidente del Sealaska Heritage Institute (Shi), un’organizzazione nativa senza scopo di lucro fondata nel 1980 per sostenere la cultura Haida, Tlingit e Tsimshian.
La rinascita artistica di Juneau ha preso il via nel 2015, quando il Shi ha aperto una nuova sede e una galleria in centro città nel Walter Soboleff Building. La struttura, costata circa 20 milioni di dollari, è stata progettata per ricordare, con la sua forma curva rivestita di legno, il recipiente usato a lungo dai nativi per conservare, cucinare e seppellire. I massicci pannelli esterni sono stati concepiti dall’artista Haida Robert Davidson e basati sul suo dipinto «Greatest Echo» (2014), mentre l’enorme facciata della casa del clan Tsimshian che domina l’atrio è stata scolpita e dipinta dall’artista Tsimshian David A. Boxley e da suo figlio, David R. Boxley.
In giugno, il Shi ha aggiunto un campus artistico al sito esistente come seconda fase del suo obiettivo di rendere Juneau la «capitale mondiale delle arti della costa nord-occidentale americana». Lo spazio circostante è caratterizzato da un’ampia piazza aperta e da un padiglione per le mostre temporanee, a disposizione gratuita degli aspiranti artisti. Il campus è stato inaugurato durante il festival biennale di arte e cultura nativa di Juneau, tornato in città dopo una pausa di quattro anni.
Piani ambiziosi, finanziamenti non omogenei
«Gli obiettivi dell’istituto per il campus sono di espandere la programmazione dell’arte dei nativi dell’Alaska e della costa nord-occidentale per garantire la perpetuazione di pratiche artistiche antiche, che sono uniche al mondo e includono alcune pratiche in via di estinzione», spiega Worl. Nel 2021, il Shi ha ottenuto un finanziamento di 2,9 milioni di dollari dalla Fondazione Mellon per commissionare i primi dieci totem dei 30 previsti, che costituiranno parte del "Kootéeyaa Deiyí" (sentiero dei totem) lungo il lungomare del centro di Juneau».
I primi dieci pali, scolpiti da artisti Tlingit, Haida e Tsimshian, dovrebbero essere completati l’anno prossimo, con storyboard che spiegano il loro clan e i loro stemmi. Si aggiungeranno a un totem scolpito sui quattro lati, unico nel suo genere, inaugurato in giugno davanti all’edificio Walter Soboleff, opera dell’intagliatore Haida TJ Young. Il palo fa parte di «Faces of Alaska», un’installazione artistica monumentale con maschere in bronzo dei sette principali gruppi nativi dell’Alaska, che sarà installata nei prossimi due anni.
Il finanziamento delle arti in Alaska ha avuto un percorso accidentato negli ultimi cinque anni. Una grande sostenitrice è stata la senatrice repubblicana Lisa Murkowski, che si è impegnata contro la decisione dell’amministrazione Trump (2017-21) di annullare, all’inizio del suo mandato, i finanziamenti federali per il National Endowment for the Arts (Nea). Al contrario, nel 2019 il governatore repubblicano dell’Alaska Mike Dunleavy ha temporaneamente posto il veto sui fondi destinati all’Alaska State Council on the Arts, chiudendolo di fatto. Dopo molte difficoltà, l’Alaska State Council ha potuto riaprire due mesi dopo, quando i fondi sono stati ripristinati.
I fondi federali per le arti nello Stato provengono principalmente dalle sovvenzioni del Nea (circa 8 milioni di dollari negli ultimi cinque anni) ma i finanziamenti sono generati anche da altre fonti. I 12,7 milioni di dollari per il nuovo campus artistico del Shi comprendono fondi del Nea, del Department of Education degli Stati Uniti e del National Park Service, oltre a contributi di oltre 700 donatori privati.
L’arte dei nativi sulla scena nazionale
«Il Shi sta facendo un lavoro straordinario», afferma John Hagen, curatore delle arti e delle iniziative indigene dell’Anchorage Museum. «Hanno l’obiettivo dichiarato di diventare il maggiore centro per l’arte dei nativi dell’Alaska nello Stato. Ma ce ne sono altri». E indica il Morris Thompson Cultural and Visitors Center di Fairbanks, l’Alutiiq Museum di Kodiak e l’Anchorage Museum come importanti incubatori per l’arte indigena in Alaska.
Nel frattempo, numerosi artisti nativi dell’Alaska stanno producendo nuove opere molto ambiziose. «I fratelli Rico e Crystal Worl [nipoti dell’attuale presidente del Shi, Rosita Worl; Ndr] sono tra i protagonisti del momento attuale», dice Hagen. Rico Worl ha appena disegnato un francobollo. Crystal Worl ha creato progetti artistici su larga scala e attualmente sta realizzando un murale di enormi dimensioni nel centro di Anchorage».
Un altro artista nativo dell’Alaska di grande successo al momento è l’artista del vetro Preston Singletary, un materiale non presente nell’arte tradizionale. Il suo magnifico schermo di vetro affiancato da due totem all’interno del Walter Soboleff Building è il più grande al mondo nel suo genere (fino al 29 gennaio 2023 è in corso la sua grande mostra personale allo Smithsonian’s National Museum of the American Indian di Washington; americanindian.si.edu).
Hagen e Rosita Worl citano entrambi l’importanza dell’artista-musicista Nicholas Galanin sulla scena nazionale. Il Museo di Anchorage espone diverse sue opere, tra cui «White Noise, American Prayer Rug» (2018), che è stata presentata alla Biennale di Whitney del 2019. Galanin, che risiede a Sitka, in Alaska, è stato incaricato di creare un’opera per il nuovo sentiero dei totem di Juneau e la sua opera multi-sito «Water Moves Life» (2022), una serie di brocche d’acqua in bronzo, è attualmente esposta all’esterno sia dell’Anchorage Museum che dell’Alaska State Museum, nel centro di Juneau.
«L’arte e gli artisti sono sempre sempre esistiti in questi luoghi», conclude Hagen Ora ci sono modi molto più evidenti per mostrare e far crescere quell’arte e la cultura indigena che vi è legata».

Una vetrata di Preston Singletary nel Sealaska Heritage Institute. Cortesia del Sealaska Heritage Institute. Foto Brendan Sainsbury

Il nuovo campus artistico del Sealaska Heritage Institute a Juneau. Foto Brendan Sainsbury

La facciata della casa del clan Tsimshian dipinta da David A. Boxley e David R. Boxley, nell’atrio del Walter Soboleff Building del Sealaska Heritage Institute. Cortesia del Sealaska Heritage Institute. Foto Brendan Sainsbury