Donne ebree del ghetto di Técső dichiarate idonee al lavoro. Birkenau, Reich/Polonia annessa, maggio 1944. Nella fotografia si vede Esther Goldstein (al centro, con un foulard bianco) insieme alle due sorelle

© Album d’Auschwitz. Yad Vashem

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Donne ebree del ghetto di Técső dichiarate idonee al lavoro. Birkenau, Reich/Polonia annessa, maggio 1944. Nella fotografia si vede Esther Goldstein (al centro, con un foulard bianco) insieme alle due sorelle

© Album d’Auschwitz. Yad Vashem

Come i nazisti hanno fotografato i propri crimini

Nell’estate 1944 due membri delle SS immortalarono le giornate ad Auschwitz, riunendo gli scatti in un omonimo «Album». Di proprietà del Museo della Shoah di Israele è il più importante documento iconografico sui campi di sterminio. Un parte di quelle immagini è ora in mostra a Parigi

Auschwitz, 1944. In una foto d’epoca, un gruppo di donne è in attesa di essere trasportato al campo di lavoro forzato. Una di loro sfida il fotografo, il soldato delle SS Ernst Hofmann: guarda dritto verso l’obiettivo e tira fuori la lingua. Anche un’altra lo fissa, portandosi il fazzoletto al naso, per proteggersi dagli odori insopportabili delle camere a gas. Lo scatto, che immortala il gesto di resistenza delle due donne, appartiene al cosiddetto «Album di Auschwitz», una testimonianza fotografica storica essenziale, che documenta il processo di sterminio degli ebrei nel campo di concentramento nazista in Polonia

A ottant’anni dalla scoperta degli orrori di Auschwitz da parte dell’Armata rossa, avvenuta il 27 gennaio 1945, il Memorial de la Shoah (il museo-memoriale del Marais, l'antico quartiere ebraico di Parigi) espone, fino a marzo, una selezione di scatti tratti da quella raccolta fotografica, accompagnati da molti documenti d’archivio, nella mostra dal titolo «Come i nazisti hanno fotografato i propri crimini. Auschwitz 1944» (ingresso gratuito).

La rassegna è basata sui recenti studi dello storico della Shoah Tal Bruttmann, che ha curato il percorso espositivo insieme a Christoph Kreutzmüller. Bruttmann ritiene che l’album sia stato uno strumento della propaganda nazista per dimostrare l’efficacia delle SS nell’organizzare la deportazione degli ebrei ungheresi ad Auschwitz nella primavera-estate 1944, nota come «Operazione Höss», dal nome di Rudolf Höss, comandante del lager. L’album fu scoperto da Lili Jacob, ebrea sopravvissuta di Auschwitz, che lo trovò al campo di Mittelbau-Dora alla Liberazione e lo donò allo Yad Vashem, il Museo della Shoah di Israele. 

Le foto furono scattate da due soldati delle SS, Bernhard Walter, direttore dell’«Erkennungsdienst», il servizio di registrazione dei deportati, e dal suo vice, Ernst Hofmann. «Questa immersione nelle immagini rivela il gigantesco cantiere che fu necessario per realizzare lo sterminio degli ebrei ad Auschwitz, scrive il museo in una nota. Gli indizi ci permettono di comprendere l’organizzazione della deportazione e della “selezione”, di vedere la violenza, il cinismo degli organizzatori, ma anche le falle nel processo della sua attuazione e la resistenza delle vittime, spesso negata». 

L’album è composto da una dozzina di serie fotografiche. Si vedono i deportati lavorare sul cantiere di costruzione del campo e dello scalo ferroviario (la «rampa degli ebrei») dove arrivarono oltre 400mila ebrei ungheresi. Si assiste all’attesa silenziosa di uomini, donne e bambini, per salire sul convoglio che li porterà verso la morte, o davanti alle porte del forno crematorio. Ma l’«Album di Auschwitz» non fu il solo. Il Memorial de la Shoah ha riunito altre foto scattate ad Auschwitz in quell’estate del ’44, tra cui gli scatti di Alberto Ferrera, membro del Sonderkommando, che documentò le fosse in cui i corpi vennero bruciati. Altre sono tratte dal cosiddetto «Album Höcker», dal nome del membro delle SS Karl Höcker, che documentò i momenti di vita dei soldati, la festa per la fine dell’«Operazione Höss» e la gita-premio a Solahütte, luogo di villeggiatura in Polonia, per chi di loro aveva «lavorato bene». Alcune di queste foto vennero utilizzate più tardi, dopo la guerra, dal 1950, come prova delle atrocità commesse nei campi durante i processi agli ex responsabili nazisti.

Due immagini che illustrano la scritta «Reinsediamento degli ebrei dall’Ungheria», particolarmente rappresentative della prospettiva nazista. © Album d’Auschwitz. Yad Vashem

Luana De Micco, 17 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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