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Luana De Micco
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Da alcuni giorni l’Arazzo di Bayeux (come è denominato pur trattandosi di una «broderie», cioè un ricamo su una striscia di tela di lino lunga poco meno di 70 m e alta 50 cm, dal peso di 350 kg) ha lasciato il Musée de la Tapisserie in cui è custodito dal 1983, che ha chiuso i battenti il primo settembre per lavori, per raggiungere un luogo, poco lontano, ma tenuto segreto per motivi di sicurezza. Il trasloco è stato organizzato in grande riserbo e la Drac (Direction régionale des affaires culturelles de Normandie) ha reso noti alcuni dettagli solo a cosa fatta: è durato tre ore e ha coinvolto un centinaio di persone, tra conservatori, esperti e agenti di polizia. La segretezza e l’accortezza dell’operazione sono dovute innanzitutto al valore inestimabile dell’opera, ricamata a mano in fili di lana nel 1066, e alla sua fragilità. Ma il breve trasloco è servito anche come «prova generale» per preparare il più lungo viaggio che l’«arazzo» dovrà compiere l’anno prossimo, quando attraverserà il canale della Manica per raggiungere la Gran Bretagna.
Il presidente Emmanuel Macron ha infatti promesso a Londra il prestito dell’antichissimo manufatto che sarà esposto al British Museum tra il settembre 2026 e il luglio 2027. Un viaggio finito al centro di una polemica che supera di gran lunga i confini della Francia e ha aperto un acceso dibattito tra chi vede nell’operazione un gesto diplomatico e chi denuncia un atto irresponsabile nei confronti di un’opera tanto delicata. Fin dall’inizio, il progetto, annunciato da Macron già nel 2018, è stato controbilanciato da preoccupazioni tecniche. Le analisi diagnostiche portate avanti tra il 2020 e il 2021 avevano permesso di realizzare una «mappatura» delle alterazioni presenti sulla tela. Esattamente erano state rilevate: 24.204 macchie, 16.445 pieghe, 9.646 lacune e 30 lacerazioni non stabilizzate. Gli studi mettevano in guardia sui rischi legati a manipolazioni, vibrazioni e variazioni climatiche. All’epoca, poiché l’ipotesi di un viaggio a Londra era già stata avanzata, i conservatori, condividendo le loro preoccupazioni con i media, «Il Giornale dell’Arte» compreso, avevano spiegato che nessun trasporto sarebbe stato possibile senza un precedente intervento di «stabilizzazione» dell’opera.
Di recente il Musée de la Tapisserie ha spiegato al nostro giornale che per motivi logistici (non esiste nessun luogo in grado di ospitare l’opera per il restauro) l’intervento è stato rinviato e potrà essere effettuato solo nella futura teca, progettata ad hoc, che accoglierà l’arazzo alla riapertura del museo, il cui cantiere di ristrutturazione, che non si concluderà prima del 2028, è finalizzato proprio a migliorare le condizioni di conservazione e di presentazione dell’opera. Dunque l’«arazzo» partirà per Londra senza poter essere prima restaurato. L’annuncio del prestito ha dunque diviso esperti e conservatori tanto a Parigi quanto a Londra. Per Macron si tratta di «ravvivare» le relazioni diplomatiche tra Parigi e Londra. E non c’è dubbio che il prestito diventa uno strumento di soft power e di cooperazione culturale, un segnale di riavvicinamento dopo le tensioni della Brexit, ora che le posizioni di Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer sono relativamente allineate su diversi dossier di politica internazionale, tra cui il sostegno all’Ucraina nella guerra con la Russia.
A sua volta per Londra, accogliere l’«arazzo», che narra le gesta di Guglielmo il Conquistatore in Inghilterra, ha ovviamente un immenso valore storico e simbolico. Il prestito avverrebbe nell’ambito di uno scambio reciproco, poiché i musei di Caen e di Rouen, in Normandia, accoglieranno in cambio una selezione di opere del tesoro di Sutton Hoo, uno dei principali ritrovamenti archeologici in Inghilterra ora in gran parte al British Museum.
C’è tuttavia chi sostiene che la visibilità internazionale e il rafforzamento dei rapporti tra i due Paesi non bastano a giustificare il rischio. A guidare le critiche a Parigi è Didier Rykner, direttore del giornale online «La Tribune de l’Art», che, due mesi fa, ha lanciato una petizione «No al prestito della Tapisserie de Bayeux», che ha raccolto finora più di 74mila firme: «La diagnosi dei restauratori è senza appello. Ma Emmanuel Macron ha deciso diversamente, scrive Rykner. Il disprezzo dei fatti e la decisione arbitraria del presidente fanno pesare gravi minacce sull’opera». Intervenuto su diversi media sottolineando che non esiste manipolazione o trasporto «a rischio zero», Rykner è noto per essere un contestatore pur battendosi sempre in difesa del patrimonio (a suo tempo aveva bocciato il Louvre Abu Dhabi, denunciando la svendita del patrimonio culturale francese e i rischi alla sicurezza delle opere prestate).
Il 22 settembre, in conferenza stampa, Philippe Bélaval, il consigliere dell’Eliseo incaricato della gestione del prestito, ha sottolineato che se il prestito è «una sfida tecnica», non è vero che l’opera è «intrasportabile». Tra il 2022 e il 2023 sono stati realizzati due studi di fattibilità del trasporto e delle condizioni di deposito dell’opera, sulla base dei quali le autorità stanno prendendo le decisioni in merito. La Drac ha comunicato che, per il trasloco della scorsa settimana dal museo al luogo di conservazione provvisorio, l’«arazzo» è stato spostato dalla teca in cui era esposto a un supporto progettato e fabbricato appositamente, un sistema di «paraventi» di legno e alluminio, che permette di non piegare la tela. Il trasporto è stato poi effettuato in camion in una cassa speciale resistente alle vibrazioni. Questo stesso sistema sarà utilizzato per il viaggio a Londra (gli esperti hanno vivamente sconsigliato il viaggio in aereo). L’Eliseo insiste sul fatto che il trasporto sarà organizzato in condizioni climatiche, di luce e umidità rigorose. Inoltre prima verrà effettuato un viaggio-test con un facsimile per testare le soluzioni antivibrazione. Tuttavia anche questi due ultimi studi sollevano dubbi tra gli esperti. Nel 2022 gli autori dello studio di fattibilità del trasporto scrivevano che le soluzioni da loro proposte, non essendo state «testate in laboratorio», dovevano essere considerate solo delle «raccomandazioni teoriche» e che «allo stadio attuale, non esiste alcun sistema di ammortizzamento delle vibrazioni direttamente applicabile al trasporto su lunga distanza dell'Arazzo di Bayeux». La polemica sicuramente non si chiude qui.
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