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Maurizio Francesconi, Alessandro Martini, Luana De Micco
Leggi i suoi articoliL’Arena di Verona sarà coperta grazie a Calzedonia? Il gruppo veronese ha presentato il 31 gennaio i progetti vincitori del concorso da lui stesso finanziato e si è dichiarato pronto a sostenerne l’eventuale realizzazione, per circa 13 milioni di euro. A metà febbraio, Gucci si è visto invece rifiutare la richiesta di sfilare sull’Acropoli di Atene. Immediatamente dopo la notizia, il Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento ha offerto alla stessa maison già italiana la propria location come ripiego di lusso, e con risparmio assicurato. In Grecia hanno rifiutato due milioni di euro (Repubblica.it aveva riferito anche di 56 milioni di diritti televisivi, poi smentiti dalla stessa Gucci, che ha confermato soltanto un «progetto di collaborazione culturale a lungo termine»); in Sicilia l’anno scorso si sono invece accontentati di 100mila euro per una cena tra i templi magnogreci voluta da Google. «Il ritorno di immagine è garantito», assicura, senza alcuna remora o dubbio, il direttore del parco archeologico siciliano Giuseppe Parello. Ma due milioni (o anche 56) sono tanti? Sono pochi? È stato un giusto atto di orgoglio rifiutarli, una pubblica dichiarazione contro lo sfruttamento commerciale dell’identità di un bene Patrimonio mondiale dell’Umanità, nel quale si identifica un intero popolo come quello greco, stremato dalla crisi? O è stato un gesto meramente ideologico? E l’«offerta-richiesta» degli strateghi della moda è stata forse rivolta al Consiglio archeologico greco nella convinzione che avrebbe di certo acconsentito all’operazione, considerata la necessità assoluta di risorse finanziarie in cui versa? Ebbene, così non è stato: Gucci rimane senza sfilata ai piedi del Partenone e l’Acropoli senza soldi (né statali né privati) per gli improcrastinabili restauri.
D’altra parte, Gucci non è certo il primo marchio che utilizza per i propri eventi un bene culturale noto nel mondo (la stessa Acropoli aveva ospitato una sfilata di Dior nel lontano 1951). In Italia, l’estate scorsa Fendi organizzò a Roma una sfilata «sull’acqua» della Fontana di Trevi appena restaurata dalla stessa casa di moda, mentre già nel 2007, Valentino usò l’Ara Pacis per il suo addio al mondo della moda.
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