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«Smog» (2021) di Daniele Milvio

Cortesia di Galleria Federico Vavassori. Image by Andrea Rossetti

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«Smog» (2021) di Daniele Milvio

Cortesia di Galleria Federico Vavassori. Image by Andrea Rossetti

Da Cipriani l’arte è «di casa»

Al via al primo di una serie di progetti espositivi di Casa Cipriani in collaborazione con alcune note gallerie milanesi.

Francesca Interlenghi

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Con l’ambizione di essere un punto di riferimento per la comunità artistica, Casa Cipriani apre le porte all’arte. L’esclusivo member club inaugurato nel 2022 a Milano, all’interno di Palazzo Bernasconi, esordisce con il primo di una serie di progetti espostivi, visibile in via Palestro sino al 26 ottobre 2024. L’ispirazione? Il celebre Harry’s Bar di Venezia, fondato nel lontano 1931 da Giuseppe Cipriani e meta di personaggi del calibro di Ernest Hemingway, Truman Capote, Peggy Guggenheim, Orson Welles,Eugenio Montale e Andy Warhol, solo per citarne alcuni. Il progetto «Arte a Casa» ha chiamato a raccolta per questa prima edizione 29 artisti nazionali e internazionali provenienti da 25 gallerie milanesi. Un omaggio al capoluogo meneghino, che negli ultimi anni ha dato sempre maggior risalto al ruolo dell’arte elevandola a protagonista del contesto culturale ed economico cittadino. La selezione di autori, che spazia da quelli storicizzati ad altri più giovani, crea un dialogo di mutua reciprocità tra le opere e gli ambienti raffinati in cui sono disposte, a beneficio dei soci del club e dei loro ospiti. Molti i nomi di rilievo: da William Kentridge (Galleria Lia Rumma), il cui megafono-grembriule di bronzo dà il benvenuto nella Grand Hall, alla tela gialla di Agostino Bonalumi (Cortesi Gallery), i tagli di Lucio Fontana (Tornabuoni Art), l’astrattismo di Piero Dorazio (Eleonora Tega e Francesco Tega), il fumo e fuliggine su tavola di Claudio Parmiggiani (Tornabuoni Art), la pittura di John Armleder (MASSIMODECARLO), a cui si aggiungono quella su specchio di Monica Bonvicini (Galleria Raffaella Cortese) e quella impastata di rosa di Ettore Spalletti (VISTAMARE).

 


 


 

«Plush» (2022) di Monica Bonvicini. Cortesia di Galleria Raffaella Cortese, Monica Bonvicini, VG Bild-Kunst. Image by Andrea Rossetti

A volte i lavori si intrudono negli spazi in modo così naturale, come le ninfee bianche catturate dall’obiettivo della macchina fotografica di Thomas Struth (Monica De Cardenas), che sembrano essere nate con la Pickering Room Terrace nella quale sono collocate. Altre volte si mimetizzano con gli arredi, come la foto di Marina Abramovic scattata da Greg Gorman (29 Arts in Progress Gallery), o il tributo di Francesco Vezzoli all’artista italo-argentina Leonor Fini (Tommaso Calabro) e il ritratto di Chantal Joffe (Monica De Cardenas), che appesi a una parete della Pickering Room si confondono tra i volti della famiglia Cipriani. Altre si danno come presenza fisica e ineludibile, come la scultura costruita con un assemblaggio di vassoi di Flavio Favelli (Francesca Minini), a cui fa da contrappunto il lavoro costruito con scorte morte di pitone di Daniele Milvio (Galleria Federico Valvassori) e una riflessione sulla linea di Mario Nigro (A Arte Invernizzi). Il bianco e nero campeggia nella Ground Floor Hallway, dove sono raccolte 9 ristampe di negativi originali degli anni Trenta di Man Ray (Giò Marconi), tratti dalla serie «Mode au Congo», un’opera di polivinile su compensato di Giò Pomodoro (Archivio Giò Pomodoro e Secci gallery) e due immagini iconiche di Letizia Battaglia (Francesco Pantalone Arte Contemporanea). Mentre il blu fa da filo conduttore, su per la scala nobile, tra una tela modellata di Turi Simeti (Cortesi Gallery) e il poetico calco del mondo in sei parti di Lulù Nuti (Galleria Renata Fabbri).

L’approccio randomico al «vedere» prosegue nella Restaurant Hallway con una raccolta di lavori materici di Charles Avery (VISTAMARE), artista scozzese che ha rappresentato il suo Paese natale alla 52ma Biennale di Venezia, Jason Martin (Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea) e Bosco Sodi (Cardi Gallery). E si conclude nella Living Room con una selezione di interventi che vivacizzano lo spazio: la scritta «Shhhhh» al neon di CB Hoyo (Plan X Gallery), le cromie accese di Luca Napoli (Galleria L.U.P.O.), il gatto di Yves Scherer (Cassina Project) accarezzato dalla mano dello stesso artista, la scultura antropomorfa di Zoe Williams (Ciaccia Levi), il ritratto di Verdi ribaltato su sé stesso e riprodotto con la manipolazione della ceramica di Christian Gonzenbach (Ribot Gallery) e il «dipinto tessuto a mano» di Brent Wadden (Peres Project). L’esposizione vuol essere il primo tassello di una progettualità articolata e a lungo termine, che oltre a una serie di mostre prevede eventi collaterali come conversazioni e talk con artisti, galleristi, collezionisti, giornalisti e curatori al fine di stimolare, attraverso l’arte, un dialogo generativo e innovativo.

La mode au Congo (1937-1980) di Man Ray. Cortesia di Giò Marconi. Image by Andrea Rossetti

Francesca Interlenghi, 25 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

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