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Arcangelo Sassolino, «Sospensione della scelta», 2025

Foto: Pamela Randon

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Arcangelo Sassolino, «Sospensione della scelta», 2025

Foto: Pamela Randon

Da Continua verità, confini e metamorfosi di Gupta, Sassolino e Suárez Londoño

Identità culturale e linguaggio sono i temi dell’artista indiana, la tensione e il limite nel tempo e nello spazio quelli del vicentino. All’Arco dei Becci il colombiano che da ragazzino dipingeva con i numeri

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Laura Lombardi

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Dal 3 maggio fino al 31 agosto Shilpa Gupta torna a esporre alla Galleria Continua di San Gimignano con un progetto inedito per la platea dell’ex cinema teatro, «Truth», insieme a una selezione di lavori dal 2007 che ripercorrono la sua pratica artistica interdisciplinare, fondata sull’analisi delle strategie del potere e la loro influenza su comunità nazionali e locali. Per Gupta, che vive e lavora a Mumbai, temi quali l’identità culturale, il rischio di polarizzazione, il linguaggio, il fondamentalismo religioso sono particolarmente sentiti, in un Paese in cui la valenza del confine, fin dalla Partition voluta da Lord Mountbatten nel 1947 tra India e Pakistan, è forte con tutte le ingiustizie e gli scontri sanguinari conseguenti nei decenni. I suoi lavori hanno però risonanza molto più ampia in un mondo dilaniato come quello attuale e la pratica artistica da lei adottata innesca un processo che coinvolge lo spettatore. La grande bandiera ricamata da un filo sottile che disegna rettangoli e simboli prelevati da bandiere di Nazioni diverse, anziché richiamare l’idea di forza e identità legate a quell’oggetto, rimanda a un concetto fluido di patria, che non coincide con l’ordine imposto dallo Stato.

La fragilità del dialogo e il costante potenziale di distruzione sono evocati da «Untitled» (2020), in cui una pietra di fiume, raccolta sulla linea di confine, interagisce con una lampadina: non si toccano, ma per un attimo, in quella sorta di danza, la luce illumina la superficie della pietra. Un equilibro sempre sul punto di infrangersi, se la pietra si scontra con la vulnerabile lampadina. «I poeti, come gli scrittori e gli artisti, sono sognatori che parlano degli incubi del mondo vivente», commenta Gupta che, in «Untitled» (2023), fa provenire da microfoni cablati invertiti una voce recitante i nomi di 100 poeti di Paesi ed epoche diversi e gli anni in cui sono stati detenuti e incarcerati dai rispettivi Stati: «Quest’opera riguarda la persistenza delle credenze, dei sogni, che ci rendono ciò che siamo come individui».

Shilpa Gupta, «Stilltheyknownotwhatldream», 2021. Courtesy: the artist and Galleria Continua. Photo by: Max Colson

Un messaggio poetico, sebbene frammentario, stratificato e destabilizzante, è anche quello che si legge sul tabellone meccanico di «24:00:01» del 2010-12: al posto degli annunci di partenze e arrivi di aeroporti e stazioni, ci sono altre parole, talvolta con lapsus ed errori, intorno al concetto di confine, nazionale ma anche interpersonale, e sul ruolo della tecnologia, estensione perturbante della mente umana: «Dove finisco io e dove cominci tu?». Il percorso culmina nella platea dove giganti lettere che compongono la parola «Truth» sono però disseminate nello spazio e scomposte tra loro: la T è in piedi ma le altre sono distese e possiamo anche camminarci dentro, attraversarle, interrogandoci sulle nostre certezze spazio-temporali e di pensiero, rispetto alla presunta veridicità di narrazioni storiche diffuse. 

«Present tense», invece, riunisce alcune opere recenti e inedite di Arcangelo Sassolino, nelle quali come sempre arte e fisica si compenetrano e protagonista è la materia con la sua agency. Anche l’artista vicentino, pur con tutt’altra declinazione, lavora sul concetto di tensione e di limite, con l’azione di macchine che distruggono o modificano, talvolta con violenza, lo status dei materiali. Qui troviamo l’olio, fluido, denso, opaco, inarrestabile nel suo scorrere, che si espande e si contrae senza controllo, a suggerire l’inafferrabilità del presente e la tensione costante a rendere visibile ciò che per sua natura sfugge, instabile, come lo sono il tempo e lo spazio, e imprevedibile. «La condizione del fluido, ciò che lo costituisce come fluido, spiega Sassolino, è per molti versi la negazione stessa della fissità, della determinazione data una volta per tutte. […] Quello che cerco di catturare è l’istante del cambiamento di stato, l’attimo in cui qualcosa sta diventando qualcos’altro». L’olio scorre sulla superficie piatta del disco e si ridefinisce incessantemente, come il presente che scorre e lascia dietro di sé tracce; ma le gocce che cadono ci ricordano che, nello scorrere del tempo, si perde sempre qualcosa. Dando voce alla materia e con mezzi tecnologici, Sassolino riattualizza, in fin dei conti, un tema che attraversa i secoli della storia dell’arte, quello della riflessione sulla natura effimera dell’esistenza.

All’Arco dei Becci troviamo «Drawing by numbers» di José Antonio Suárez Londoño, il cui titolo rimanda al primo incontro con la pittura avvenuto grazie a un kit ricevuto in regalo dai suoi genitori per dipingere con i numeri. Il progetto nasce dalla sollecitazione data ai propri studenti di suggerire trenta temi o soggetti che avrebbero voluto vedere nei suoi dipinti: messaggi raccolti in una scatola e via via estratti e interpretati quasi come fossero quelli di un oracolo.

Laura Lombardi, 30 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Da Continua verità, confini e metamorfosi di Gupta, Sassolino e Suárez Londoño | Laura Lombardi

Da Continua verità, confini e metamorfosi di Gupta, Sassolino e Suárez Londoño | Laura Lombardi