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Presso Gagosian Rome, dal 30 settembre al 23 novembre, la mostra «Helen Frankenthaler. Painting on paper 1990-2002», presenta diciotto opere dell’artista che dipingeva sulla carta come se fosse una tela. Soprattutto nell’ultima fase del suo sessantennale viaggio nella pittura (era nata a New York nel 1928, ed è morta a Darien, nel Connecticut, nel 2011), l’artista aveva intensificato il suo ricorso al supporto cartaceo, prescegliendo formati sempre più grandi. È così che le diciotto grandi carte, da Gagosian, illustrano il senso dello spazio-colore, secondo la poetica mai tradita della «color field abstraction», l’astrazione dei campi di colore, come venne definita la propensione a una pittura non di azione, ma di zonature espanse e sospese di pigmento.
Quello di Helen Frankenthaler ha sempre la parvenza eterea e liquida di un acquarello, al fine di accentuare la potenzialità spirituale, sognante ed evocativa delle immagini. Alla radice della sua pittura si trovano sovente suggestioni paesaggistico-mentali, dichiarate anche nei titoli dei lavori in mostra da Gagosian: «New Mexico», del 1995, o «Santa Fe», del 1990, o anche «End of summer», richiamano vedute di luoghi frequentati dalla pittrice, o momenti veramente vissuti, per quanto liricamente tradotti in grandi cieli di colore blu, o distese sabbiose. A predominare è la materia fluttuante di campi di colore atmosferico, la stessa che si incontra nelle sue opere su tela.
Ha detto in tarda età la pittrice: «Ho sempre dipinto su carta, ma non pensavo di poterla elevare al formato delle mie tele (…). Questa è stata un’evoluzione fondamentale per me». Una ricerca dunque condotta all’interno della stessa materia di colore-luce, guidata dall’unica regola di assenza di regole: «Non ci sono regole», disse una volta l’artista, «è così che nasce l’arte, è così che accadono le innovazioni. Andare contro le regole o ignorare le regole, è questo che riguarda l’invenzione». Libertà, quindi, ma al contempo rigore nell’ascolto delle sfumature del sentimento del colore, trattato come unico attore e interprete della realtà, un colore assoluto.