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Stefano Causa
Leggi i suoi articoliMai come in questi vent’anni Napoli ha rischiato, nel sentimento comune, di salire al rango di città d’arte come Firenze, Roma o Venezia. Lo è da sempre e in abiti diversi s’intende: ma non tutti se ne ricordano (a partire dal popolo dei napoletani, che con i musei e i monumenti di casa ha maturato, nel tempo, rapporti eufemisticamente intermittenti). Eppure una volta sbarcati a Napoli, la Pinacoteca nella reggia settecentesca che di quest’offerta dovrebbe essere la punta di diamante, la si percepisce dall’altra parte della luna, fuori dalle mappe di turisti attruppati in visite contratte allo spasimo tra le vie del centro. Anche per rompere il sortilegio che, dal ’57, lo marca a fuoco come uno dei dieci musei più importanti e meno visitati del mondo rientriamo a Capodimonte dall’ingresso liminare, ma cruciale, costituito dalle raccolte grafiche. Un volume, fortemente sollecitato dall’ex direttore del museo Sylvain Bellenger, ne documenta ora il segmento storicamente più denso.
Subito alla ribalta Michelangelo e Raffaello, il bambino mozzicato dal granchio di Sofonisba, la donna seduta del Parmigianino a gessetto nero (all’altezza del 1524 un apice di realismo a fronte del quale Annibale e Caravaggio diventano accademia seppure volenterosa); insieme a cose del tardo manierismo di Parma, anche preziose (su tutte il Bertoja), su cui arrotare le lenti del conoscitore. Senza contare le nature morte dell’ascolana Garzoni e, giusto nel 1721, l’epifania finale, a conclusione del libro, di due rami di arancini o mandarini cinesi. In questo scavo esemplare di due secoli si avvicendano conferme e sorprese.
Americana di Chicago, studiosa di grafica del Rinascimento e nota soprattutto come massima cultrice del Signorelli, Claire Van Cleave, Senior Fellow degli American Friends di Capodimonte (2020), ha fatto la spola tra l’Hertziana di Roma e la collina napoletana affrontando la schedatura di 57 fogli in stato di conservazione non irreprensibile; quanto rimane di un naufragio di quasi un migliaio, raccolti in Palazzo Farnese e pervenuti per lascito da Elisabetta Farnese al figlio.

Michelangelo, «Venere abbracciata da Cupido», 1532

Raffaello, «Mosè inginocchiato davanti al roveto ardente», cartone preparatorio per il soffitto della Stanza di Eliodoro, 1514
Le conferme: i cartoni di Michelangelo e Raffaello per la Cappella Paolina e la volta della stanza di Eliodoro. Esposti nel circuito del museo, sono le primissime scelte per far balenare alle scolaresche in visita la fortuna di entrare nelle cucine dei grandi maestri. Viene terzo in questa schedatura, né solo perché posseduto da Michelangelo, il celebre (si fa per dire) foglio di Sofonisba Anguissola: la gentildonna cremonese, dama della Regina di Spagna, che in una lettera del 1572 di Tommaso de’ Cavalieri al duca Cosimo è citata, in un lapsus che non ha prezzo, come Sofonisba Angosciosa! Angosciosa o meno che fosse, lo scrittore storico d’arte Roberto Longhi (tra i promotori storici di Capodimonte) ci mise un secondo a calibrare il fotogramma del bambino aggranchiato tra i precedenti del ramarro caravaggesco di fine ’500; e, per aggregarci buoni ultimi al puzzle longhiano, ci sarebbe da scommettere che, per la mediazione del Caravaggio, il foglio di Capodimonte entrasse tra gli appunti registrati da Picasso per mettere a punto smorfie e movenze del «Ragazzo con l’aragosta» del 1941, quadro di guerra ammantato di un infantilismo bisbetico e feroce. Abbiamo detto delle conferme: quanto alle sorprese.
Il tesoretto di casa Farnese, dentro cui confluiranno le collezioni di Giulio Clovio e di Fulvio Orsini, riserva un fondo, inaspettatamente generoso, di elaborati del Parmigianino (26 su 57!). Non sbaglierebbe chi concludesse che, come è necessario salire a Capodimonte per capire cosa avesse in mente il Tiziano cinquantenne ospitato in Palazzo Farnese a Roma, è ugualmente consigliabile partire dai fondi Farnese per integrare e preparare la volata ai lavori della sezione emiliana del primo piano del Museo (in predicato di salire di un piano, nell’imminente riallestimento di Capodimonte a cura di chi scrive, di Patrizia Piscitello e di Alessandra Rullo). Un libro ricchissimo che è anche il primo, in inglese, su alcuni dei disegni maggiori di Capodimonte uscito nei giorni in cui, con il direttore del Museo Eike Schmidt, il Gabinetto Disegni ha trovato un curatore nel giovane Vincenzo Stanziali. Un applauso finale all’editore, Pompeo Paparo che, da anni, è impegnato ad assodare, dall’angolazione delle arti figurative, una diversa narrazione di Napoli e dei napoletani; quel romanzo della città, oggi così immiserito e involgarito, ma che forse trarrebbe non poco giovamento dal contatto, se non settimanale, almeno mensile, con le collezioni del Real Museo di Capodimonte.
The Farnese Drawings Collection
di Claire Van Cleave, 268 pp., ill., Paparo, Napoli, 2024, € 85

La copertina del volume
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