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Graciela Iturbide, «Autorretrato con los indios seris, desierto de Sonora, México, 1979», collezione Fundación Mapfre

© Graciela Iturbide

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Graciela Iturbide, «Autorretrato con los indios seris, desierto de Sonora, México, 1979», collezione Fundación Mapfre

© Graciela Iturbide

Da New York a Milano tre omaggi alla fotografia di Graciela Iturbide

In attesa della prima grande retrospettiva tedesca a Berlino nel 2026, l’International Center of Photography ospita la maggiore mostra newyorkese dell’83enne maestra messicana dell’immagine

Dagli Stati Uniti all’Europa, tre mostre raccontano la fotografia di un’artista capace di trascendere spazio e tempo pur tenendo le radici ben piantate nella sua cultura. L’International Center of Photography (Icp) accoglie la prima grande retrospettiva newyorkese dedicata a Graciela Iturbide, artista che ha portato le culture indigene nella fotografia contemporanea. La mostra, dal titolo «Serious Play», in programma fino al 12 gennaio 2026, è più di un omaggio alla maestra messicana dell’immagine oggi 83enne: è un viaggio dentro un modo di vedere, una forma di conoscenza che intreccia realtà e mito, magia e documentazione. Entrando nelle sale dell’Icp ci si immerge in territori sospesi nel tempo. Le quasi 200 fotografie, curate da Carlos Golonet in collaborazione con Fundación Mapfre, sembrano pagine di un diario che attraversa cinque decenni. Ogni immagine di Iturbide, rigorosamente in bianco e nero, è un frammento di un racconto che vibra di poesia e consapevolezza antropologica.

Nata a Città del Messico nel 1942, formata al fianco di Manuel Álvarez Bravo, Iturbide ha fatto della fotografia un atto di ascolto. Per lei, spiega il curatore nel materiale stampa che accompagna la mostra, «la fotografia è un pretesto per imparare qualcosa sul mondo». Osservando le sue immagini, sembra che ogni scatto nasca da una lenta immersione, da un rispetto quasi religioso per i soggetti ritratti.

La mostra parte dagli inizi: i viaggi attraverso il Messico al fianco di Bravo, l’incontro con le popolazioni indigene, il progetto del 1978 in cui la fotografa ritrae gli indiani Seri, un gruppo di pescatori nomadi del deserto di Sonora, nel nord-ovest del Messico. Qui Iturbide documenta la fragilità delle tradizioni ancestrali, restituendo volti e gesti che rivelano la dignità silenziosa della sopravvivenza. Ma il suo sguardo non è mai etnografico in senso stretto: anche quando osserva un rituale o una cerimonia, cerca l’alchimia tra reale e simbolico, tra ciò che accade e ciò che sfugge.

Graciela Iturbide, «Nuestra Señora de las Iguanas. Juchitán, 1979», collezione Fundación Mapfre. © Graciela Iturbide

Il percorso culmina con la serie dedicata ai Juchitán, popolazione zapoteca di Oaxaca dove le donne occupano un ruolo centrale nella vita sociale. Le immagini di «Juchitán de las Mujeres» (1979-88) sono oggi un punto di riferimento della fotografia femminista latinoamericana: donne fiere, regine del mercato e della quotidianità, ritratte senza idealizzazioni ma con una forza primordiale che travalica il tempo. Fra di esse spicca la celebre «Nuestra Señora de las Iguanas», in cui una donna indossa un «copricapo» di iguane vive, simbolo di un regno arcaico.

Uomo e paesaggio sono parte di una stessa composizione. Per Iturbide il paesaggio è luogo di memoria,  non è mero sfondo, ma materia della narrazione. E il paesaggio non è solo quello del Messico: Iturbide ha viaggiato per tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Spagna e all’Italia, dall’India al Bangladesh. C’è lo spazio, ma c’è anche il tempo, nelle sue fotografie. Nei rituali tradizionali, come nelle nature morte, come negli autoritratti qui esposti che testimoniano della ricerca intima che si è fatta spazio nella pratica di Iturbide più di recente.

Il titolo della mostra «Serious Play» offre una chiave di lettura nella poetica di Iturbide in cui c’è sempre una tensione, un equilibrio sottile, fra rigore e meraviglia. Le sue fotografie oscillano fra racconto documentario e realismo magico. Ogni scatto diventa un varco dove il quotidiano si trasforma in rito, e la vita si mostra nella sua interezza, con la sua bellezza ruvida, le sue contraddizioni e un pizzico di ironia. Il suo sguardo, radicato nella cultura messicana ma aperto al mondo, riesce a trasformare il reale in una forma di conoscenza poetica: un gioco serio, appunto, in cui la luce diventa linguaggio e la fotografia un modo di abitare il tempo.

Dopo New York, il viaggio di Iturbide continua in Europa. Dal 7 febbraio al 10 giugno 2026, il C/O Berlin ospiterà la prima grande retrospettiva tedesca dell’artista, curata da Sophia Greiff e Melissa Harris. La mostra raccoglierà circa 250 opere, dal 1969 al 2023, in un percorso che approfondisce i nodi centrali del suo lavoro: dalle comunità zapoteche al mondo dei cholos, dai riti della matanza nella regione mixteca ai ritratti d’artista e agli scatti dedicati a Frida Kahlo e alla sua Casa Azul, in cui Iturbide abbandona il bianco e nero per dare spazio a un’esplosione di colori. A Berlino verranno presentati anche materiali inediti, tra cui provini, riviste e libri, che restituiscono la dimensione artigianale del suo processo creativo. Diversi i materiali raramente esposti come i ritratti di stilisti e artisti messicani e alcuni scatti di moda realizzati per la designer Carla Fernández: un dialogo fra tradizione e contemporaneità che ribadisce la capacità di Iturbide di attraversare linguaggi e mondi diversi senza mai perdere la propria integrità poetica.

Chiudendo il cerchio europeo, allo Iulm di Milano si è appena conclusa la mostra «Il viaggio dell’anima», curata da Sergio Raúl Arroyo e Massimo De Giuseppe. Attraverso 84 fotografie tra Messico, India, Stati Uniti e Madagascar, la mostra ha offerto uno sguardo meditativo sull’universo di Iturbide. In occasione dell’inaugurazione, l’artista ha ricevuto il Sigillo dell’Università Iulm, a riconoscimento di un percorso artistico che va oltre i confini geografici.

Graciela Iturbide, «Magnolia (2), Juchitán, México, 1986», collezione Fundación Mapfre. © Graciela Iturbide

Maurita Cardone, 26 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Da New York a Milano tre omaggi alla fotografia di Graciela Iturbide | Maurita Cardone

Da New York a Milano tre omaggi alla fotografia di Graciela Iturbide | Maurita Cardone