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Cornelia Diekamp
Leggi i suoi articoliUn tassello importante della collezione del principe Eugenio di Savoia, «Venere e Adone»di Tiziano e bottega, va all’asta il 7 dicembre da Sotheby’s a Londra con una stima di 8-12 milioni di sterline (9,3-13,9 milioni di euro). Grazie all’incisione «Gallerie/Bilder-Saal», pubblicata in Salomon Kleiner, Résidences Mémorables, III, 1734, tavola 5, si è potuto identificare il quadro del principe con la versione ora in vendita.
Essa è l’unica che si avvicina all’incisione di Giulio Sanuto del 1559 che contiene in un cartiglio, oltre alla data, l’informazione che il quadro fosse stato dipinto per Filippo II, re di Spagna. Il testo, noto nell’entourage del principe, può averlo influenzato per desiderare proprio questo esemplare nella sua collezione: Filippo II era il bisnonno di Eugenio e quest’ultimo amava richiamare coi quadri l’illustre parentela. Grazie al ricollocamento del capolavoro di Tiziano nella collezione del principe Eugenio, la sua originaria sistemazione nella Galleria del Belvedere Superiore a Vienna, sapientemente organizzata intorno al tema centrale dell’uomo e della donna, acquista un nuovo interesse.
Il tema, caro al Rinascimento, venne esemplificato da grandi rappresentazioni di Adamo e Eva (cfr. n. 7 di Guido Reni e n. 8 di Francesco Albani nell’immagine che ricostruisce la collocazione delle opere nella Galleria del Belvedere) e da diverse scene prevalentemente mitologiche di intensa sensualità erotica di autori diversi (n. 1 di Anton van Dyck, n. 2 di Tiziano e bottega, n. 5 di Lorenzo Sabatini creduto un Francesco Salviati, n. 6 di Giangiacomo Sementi ritenuto un G. Reni, n. 9 di Francesco Albani e n. 27 di Pietro della Vecchia; appartengono allo stesso gruppo alcuni quadri più piccoli, ora persi, tra cui la «Venere»del Padovanino, visibile nell’incisione di Kleiner sotto il Tiziano e spostata in seguito).
Sulla parete principale spicca in alto a sinistra «Venere e Adone»(n. 2), mentre a destra a mo’ di pendant si vede «Salmacide ed Ermafrodito» di Albani (n. 9), due grandi tele che raccontano il rifiuto dell’amore verso la donna, rinforzando la tematica a vicenda. Viene il sospetto che si alluda ad inclinazioni personali del principe. Le strette pareti laterali presentano da un lato la bellezza femminile in «Le tre Grazie»di Pietro della Vecchia (n. 27) e dal lato opposto «Davide e Golia»di Guido Reni (n. 10, perduto), l’eroe ebreo che vince il potente nemico grazie al coraggio e alla fede.
«Venere e Adone»non è stato venduto nel 1741 a Carlo Emanuele III, re di Sardegna, come invece la maggior parte della quadreria. La principessa Vittoria di Savoia Soissons, erede del principe Eugenio, trovò, subito dopo la morte dello zio, acquirenti per pezzi molto pregiati, tra cui «Il Miracolo dei santi Pietro e Giovanni che guariscono uno storpio» di Poussin ora al Metropolitan Museum e le tre statue femminili di Ercolano di importanza storica, approdate a Dresda nella Skulpturensammlung, ora Albertinum. Diversamente da questi ultimi, «Venere e Adone»non ha avuto la stessa fortuna. Solo a partire da inizio Ottocento la sua provenienza è tracciabile con certezza. Si susseguono infatti alcuni proprietari privati: Benjamin West, P.R.A.; Richard Hart Davis, M.P.; Philip John Miles, M.P.; Maximilian Freiherr von Heyl zu Herrnsheim; Philipp Füchtegott Reemtsma; infine Patrick de Charman. E ora lo ritroviamo in asta.

L’incisione «GallerieBilder-Saal», pubblicata in Salomon Kleiner, Résidences Mémorables, III (1734). Sotto, la ricostruzione della quadreria del principe Eugenio nella galleria del Belvedere a Vienna. Cortesia di Sotheby’s