Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Giorgio Di Noto, «Frammenti di vasi da San Giovanni in Laterano»

Image

Giorgio Di Noto, «Frammenti di vasi da San Giovanni in Laterano»

Di Noto sulle tracce del patrimonio invisibile di Palazzo Massimo

Con la mostra «Hidden Collections» l’autore esplora i depositi, i laboratori di restauro e soprattutto l’archivio fotografico del Museo Nazionale Romano

Fra le Terme di Diocleziano e la stazione ferroviaria, nell’ottocentesco Palazzo Massimo da poco restaurato, il Museo Nazionale Romano conserva una delle collezioni di arte classica più importanti al mondo, che fino all’11 gennaio è oggetto di un dialogo con il progetto fotografico di Giorgio Di Noto (Roma, 1990) sul patrimonio invisibile del Museo.

«Hidden Collections» esplora i depositi, i laboratori di restauro e soprattutto l’archivio fotografico di Palazzo Massimo riportando alla luce oggetti e significati rimasti a lungo coperti dal peso del tempo, dalle rimozioni e manipolazioni dell’uomo. 

 «Volevo restituire visivamente l’idea di una selezione attiva e di un’esclusione consapevole che l’archeologo e l’archivista compiono nel loro lavoro, spiega l’autore. E a questo mi sarei sovrapposto io in quanto “archeologo dell’archivio”, scegliendo che cosa prelevare, che cosa mostrare, che cosa mettere in connessione tra i reperti fotografici che mi trovavo a “scavare”».

Non il reperto archeologico bensì il suo imballaggio, non i ritrovamenti delle campagne di scavo bensì le ombre dei fotografi impegnati sul campo, non l’opera d’arte isolata bensì le mani e i volti degli assistenti che tradiscono la mise en scène con cui l’opera stessa viene fotografata: Di Noto sposta lo sguardo verso ciò che solitamente viene escluso o tenuto dietro le quinte, compiendo così una doppia operazione di svelamento di lati dimenticati di una collezione già solitamente inaccessibile.

È il ricco materiale conservato nell’archivio fotografico a costituire l’oggetto principale della ricerca di Di Noto che, come osserva il curatore della mostra Alessandro Dandini de Sylva, «indaga la fotografia come mezzo instabile, ambiguo, sempre in bilico tra documento e invenzione».

Se storicamente nel contesto museale la fotografia risponde agli scopi di documentare, catalogare e promuovere il patrimonio custodito, «Hidden Collections» ne mette in dubbio l’apparente neutralità mostrandoci le tracce della costruzione delle immagini al servizio di chi le produce.

«Ponendo al centro dell’attenzione proprio ciò che solitamente viene escluso: il fuori campo, l’artificio, l’errore, il gesto tecnico, spiega Agnese Pergola, responsabile del progetto, il fotografo sovverte le gerarchie tra visibile e invisibile, tra narrazione ufficiale e margine».

In un efficace allestimento espositivo, gli scaffali del deposito non sono più solo spazi riservati agli addetti ai lavori ma supporti per il ricovero tanto dei reperti archeologici quanto delle stampe in grande formato di Di Noto, con un potenziale narrativo inconsueto. Le inkjet prints di formato 147x112 cm, proprio del linguaggio della fotografia contemporanea, sono realizzate a partire da lastre di vetro originali segnate dall’usura del tempo (emulsione crepata e pezzi ricomposti) e da pellicole negative modificate con la «maschera». Tecnica con cui il reperto è isolato dal contesto per diventare l’unico soggetto da guardare, la mascheratura si rivela qui un atto critico ed una scelta artistica. Che siano frammenti di statue o vasi, i soggetti sembrano scomparire nel colore per assumere un tono astratto. È proprio in questi grandi formati, in dialogo con le stampe su vetro argentato nei formati minori 13x18 o 20x25 cm, che l’intervento del fotografo si esprime nella sua piena forza concettuale ed estetica.

La scelta di rivolgere lo sguardo artistico al documento riattiva il valore dell’archivio aggiungendo uno nuovo strato di significato a quelli accumulati nel tempo. «Mi sono ritrovato a scavare tra immagini che documentavano spesso degli scavi, a selezionare delle fotografie che selezionavano dei reperti, a manipolare delle documentazioni di reperti così come a documentare delle manipolazioni» ricostruisce Di Noto. I dietro le quinte della collezione museale si rivelano terreni fecondi per una fotografia che indaga sul passato e concepisce sé stessa come processo, costruzione e veicolo della memoria.

Giorgio DI Noto_«Frammento di statua egizia, Chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Roma»

Mario Alberto Ratis, 09 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Di Noto sulle tracce del patrimonio invisibile di Palazzo Massimo | Mario Alberto Ratis

Di Noto sulle tracce del patrimonio invisibile di Palazzo Massimo | Mario Alberto Ratis