Sono trascorsi cinquant’anni da quando l’imprenditore tessile Loriano Bertini donò all’Istituto Tullio Buzzi di Prato un corpus di tessuti antichi, da cui ha avuto origine il Museo del Tessuto. Per celebrare questa ricorrenza la «Fondazione Museo del Tessuto» presenta, dal 20 dicembre al 21 dicembre 2025 (catalogo Edifir), la mostra «Tesori di seta. Capolavori tessili dalla donazione Falletti», dedicata a una selezione di pezzi provenienti da una nuova donazione, quella del medico fiorentino Giovanni Falletti, composta da quasi 2mila oggetti molto eterogenei: 250 stampe giapponesi dell’Ottocento di Hokusai, Hiroshige, Kuniyoshi, Utamaro II; tessuti di manifatture europee dal Quattrocento al Settecento; oltre 450 tra litografie, acqueforti, xilografie e stampe dal Cinquecento all’Ottocento e più di mille oggetti tra ricami, fasce ornamentali, pannelli, maschere, monili e armi rituali provenienti da Africa, Asia Centrale, Asia Orientale e Sud America.
Dopo esser stato folgorato alla vista di un piviale di velluto verde del Quattrocento, esposto nella vetrina di un antiquario fiorentino, Falletti si appassiona a tessuti antichi e a ricami. Su questo primo nucleo della collezione si concentra la mostra curata da Daniela Degl’Innocenti, conservatrice del Museo del Tessuto, con la consulenza scientifica di Roberta Orsi Landini, massima studiosa italiana del tessuto e del costume, articolata in un percorso attraverso quattro secoli. Molti tessuti provengono da istituzioni religiose, riutilizzati per paramenti sacri (pianete, dalmatiche, piviali), un riuso che ne ha permesso la conservazione.
Per il Quattrocento sono esposti, ad esempio, velluti operati col disegno della foglia lobata, che include varianti con il motivo della melagrana, elemento simbolico in ambito religioso e laico, oppure i tessuti figurati ispirati a modelli pittorici dei maggiori artisti del tempo da Antonio Pollaiolo a Domenico Ghirlandaio. Il ricamo in applicazione caratterizza la produzione cinquecentesca con la rifinitura a tempera del tessuto e filati adeguati di seta o metallici. Il quantitativo di seta diminuisce invece nel Seicento, quando le manifatture tessili italiane incontrano un momento critico per la contrazione del mercato europeo (in seguito a guerre, carestie e pestilenze); si nota inoltre la contaminazione artistica dei tessuti orientali, pervenuti in Occidente.
Nell’ultimo quarto del XVII secolo è la Francia a indirizzare il gusto, grazie alle riforme applicate al settore dei beni di lusso da Luigi XIV e dal suo ministro Colbert, e arrivano così i damaschi broccati con disegni definiti «bizarre», «dentelle» o «Revel». Nel Settecento pittori francesi quali Charles Le Brun, Antoine Watteau, François Boucher si dedicano spesso anche alle arti decorative; si innesca così una rivalità nelle altre manifatture europee che, per l’Italia, vedrà Venezia e la Sicilia raggiungere un alto livello di qualità, originalità e diversificazione. Infine, un nucleo di ricami del Settecento affini per stile e composizione alle decorazioni dei tessuti operati, tra cui quello siciliano eseguito con perline di corallo. La mostra si avvale anche dell’ausilio di due apparati multimediali e di microscopi digitali, ma anche di ricostruzioni grafiche e di confronti iconografici.